Ho letto “Il grande imbroglio” di Gaston Criel

Ginette era donna di tutti, il che non ha niente di particolare, essendo ogni uomo cornuto prima, durante o dopo l’accoppiamento.
Questo libro è stato un regalo natalizio, che ho letto subito e mi ha divertito molto. Però il consiglio alle donne che hanno intenzione di leggerlo è: prendetelo con le molle! Perché Il grande imbroglio siete voi! D’altra parte con una prefazione di Henry Miller (mica bruscolini!) che afferma che questa è “una verità amara che ogni uomo deve mandar giù come meglio può”Gaston Criel (1913-1990), che Elliott propone con questo romanzo del 1952 e un altro del 1949 (Swing), appartiene alla generazione degli esistenzialisti, incontrò e lavorò con Gide, Cocteau, Sartre, fece mille mestieri, conobbe il carcere sotto i tedeschi. Visse per il jazz, le donne e le Gauloises. Come il protagonista di questo Il grande imbroglio, Robert Reynaud.
Tanto per capire il clima, sentite questa e ditemi se non sembra presa pari pari da un testo di Paolo Conte. Solo che è il 1950 o giù di lì:
Le zaffate di alcol e tabacco salivano fino all’entrata. Tarzan sbiadì, e sparirono nelle viscere del jazz. Si danzava intensamente. Le coppie volteggiavano, e dallo spacco delle gonne comparivano cosce di ninfa. Fra due riprese, una biondina con gli occhi azzurri, armata di seni di sedici primavere, aveva appena recitato delle poesie di Prévert e di Queneau.
Il povero Robert ha conosciuto il carcere da giovane per una retata contro la prostituzione. Non c’è stato verso di far capire ai flic che lui Ginette non la sfruttava, che era la sua donna con la quale condivideva un tetto e le spese.
Qui la narrazione procede ad un ritmo sincopato, Robert racconta la sua esperienza in carcere con divagazioni sulle attitudini dei piedipiatti e ricordi della vita con Ginette. Come l’ha conosciuta? Ma in un localaccio dove si eleggeva Miss Vizio. Nel caldo che saliva i corpi si comprimevano, il fumo pungeva, i bicchieri si rompevano, i piedi si dimenavano, le mani accarezzavano, le dita scivolavano, le bocche si univano, le risate si fondevano, le gonne si alzavano, le panche si rovesciavano…
Dunque dopo la vita con Ginette, tre mesi in cella e il ritorno a casa. Non si incontrano più. Robert riprende i suoi mestieri precari, lavora quando ha bisogno di soldi, legge molto, scrive, va al cinema, vive nei bar e nei locali dove si fa musica. Donne. Sregolatezza. Ogni tanto qualcuna gli si appiccica e se la porta a casa. La signora Tiriadis, Sylvie, Geneviève, la Gorgone, la Biondina, Paulette e Christiane.
L’amore: una storia da biblioteca rosa scritta su un libro contabile, registro monetario di piacere ed egoismo per due soggetti.
Mentre fa il portiere gallonato davanti ad un night parigino, il Crazy, conosce Nancy, un’americana divorziata, bionda, pettoruta e miliardaria. Il fascino della Gaia Parigi, fatta di champagne, le dà delle libertà. Appoggia la testa sulla spalla del “French boy”. Ah, le donne quando hanno voglia!
Sono settimane di follie e di trasgressione (paga sempre Nancy) a Parigi e in tutta la Francia, fino a quando Nancy se lo porta in America – viaggio sulla Queen Mary – ci si diverte, lo mantiene.
Non accade tutti i giorni che un sederino generoso si offra di soddisfare i bisogni turistici di un ragazzo che, attraverso i viaggi, desidera formare la sua gioventù ed estendere le sue nozioni di geografia.
Naturalmente Nancy si stufa, lo allontana e lo mantiene per qualche periodo in un alloggetto a Manhattan. Il tempo sufficiente per Robert di conoscere una cantante nera di nome Ella, con la quale ha una bella storia. Pare proprio ‘quella’ Ella, che lo scrittore avrebbe conosciuto veramente.
“Perdido” portava nel suo canto il profumo delle canne da zucchero che aveva ancora nel sangue.
Scade il permesso di soggiorno e Nancy rispedisce Robert in Francia. Sulla nave ha modo di conoscere Eva, una brasiliana spettacolare. Breve e intensa storia che dura il tempo del viaggio perché la donna è attesa a Parigi dal ricchissimo proprietario terriero sudamericano che la mantiene. Dopo è ancora una girandola di donne Omphale, Gilberte, Dominique, Arlette e tralascio di spiegare perché l’ultimo capitolo è intitolato Le galline e l’uomo. Lo si può intuire. Tutte, una volta lasciata la posizione orizzontale, accampano pretese, desiderio di certezze sotto forma di franchi e orizzonti di glorie impossibili. 
La narrazione si fa più amara, esistenziale, filosofica. Inizia la conta dei disastri.
Que reste-t-il de nos amours? canta il cieco all’angolo. Non molto, questo è certo…
Che grande imbroglio!

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