Il più delle volte i chimici, che lo ammettano o meno, hanno un angolino preferito della propria disciplina, all’interno del quale stanno sempre ad armeggiare: il mio angolino è quello dei veleni.
Siamo alla quarta avventura (fra i titoli pubblicati in Italia) di Flavia de Luce, l’impertinente e precoce undicenne figlia del colonnello in quiescenza Havilland de Luce che vive nella tenuta di Buckshaw, nella fittizia campagna inglese di Bishop’s Lacey, negli anni ’50. Flavia è appassionata di chimica e si esercita in un attrezzato laboratorio posto in un’ala della casa, naturalmente off-limits per tutti, soprattutto per le invidiose sorelle Ophelia e Daphne.
O forse Feely e Daffy in realtà mi volevano bene, e a me toccava dedurre le segrete modalità di quest’affetto? L’altra disciplina in cui eccelle Flavia è l’investigazione. Certo la preparazione in chimica la aiuta, ma poi è ingegnosa di suo e vanta un intuito infallibile, così da anticipare, di fronte ad ogni mistero che le si presenti davanti, le soluzioni ‘ufficiali’ della polizia. Per questo l’ispettore Hewitt, capo del dipartimento di polizia di Bishop’s Lacey, la tiene sotto stretta sorveglianza.
Soffocato dai debiti e dai costi delle manutenzioni della magione, il colonnello de Luce accetta di ospitare una troupe cinematografica che girerà un film, starring la famosa diva Phyllis Wyvern.
Da dieci anni, il babbo ballava la “Danza della Morte”, come la chiamava lui, con i grigi funzionari del Fisco di Sua Maestà.
Bradley non si premura di farci sapere se la produzione è arrivata a Buckshaw attraverso una ‘film commission’ (probabilmente in quegli anni non esistevano neppure), quello che è certo è che nella grande casa si sistema tutto quel caravanserraglio di attori e soprattutto tecnici che siamo abituati a vedere nelle nostre piazze ogni qualvolta si gira un film.
La vita nella tranquilla tenuta è stravolta. Inoltre è inverno e la neve è scesa copiosa, tanto che la casa risulterà bloccata per giorni. Si sta avvicinando Natale e Flavia cerca di realizzare uno dei suoi esperimenti più difficili: vuole accalappiare e bloccare sul tetto Babbo Natale, quando arriverà per scendere nel camino con i regali. Allo scopo ha preparato in laboratorio un impiastro dei suoi: così potente che spalmato sul colmo del tetto potrà incollare chiunque.
Ma durante la preparazione delle riprese, mentre tutti gli abitanti del villaggio sono arrivati a Buckshaw per vedere gli attori e lì sono rimasti a passare la notte bloccati dalla nevicata, viene assassinata nientemeno che la Wyvern. Pane per i denti di Flavia che è la prima a scoprire il cadavere.
Calma, ragazza mia, mi dissi. Si tratta solo di una morta.
Ovviamente è il suo intuito che contribuisce alla soluzione del giallo in una girandola di sorprese e di fuochi d’artificio finali. Sì, perché Flavia per Natale ha anche previsto una bellissima batteria pirotecnica. “Certo, rimane il fatto che hai violato tutte le disposizioni di legge in materia di esplosivi, dal 1875 al 1923, nessuna esclusa – ma di questo ne riparliamo dopo, quando il commissario capo si sarà calmato…”
Le vicende sono tutte narrate in prima persona dalla ragazzina, con un linguaggio disinvolto, con toni a volte macabri che hanno un effetto irresistibile.
Nel corso di questi undici anni della mia vita ho già visto un buon numero di cadaveri. Ciascuno era interessante a modo suo, e questo qui non faceva eccezione.
Come Aringhe rosse senza mostarda (2013), anche Il Natale di Flavia de Luce è pubblicato da Sellerio.
Con la saga di Flavia de Luce, il romanziere canadese Alan Bradley sta riscuotendo un grande successo. I diritti dei romanzi sono stati acquistati dal regista premio Oscar Sam Mendes (American Beauty, poi Era mio padre, Revolutionary Road, American Life, Skyfall) che realizzerà una serie televisiva a partire dal 2015.
Scivolai silenziosa – o così mi piacque pensare – nella dispensa e mi servii una fetta di torta natalizia.
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