Ho letto “Luis Roldàn né vivo né morto” di Manuel Vàzquez Montalbàn

A dieci anni di distanza dalla morte dello scrittore e a venti dalla pubblicazione in lingua originale, viene tradotto e stampato da Feltrinelli Roldán, ni vivo ni muerto, forse l’ultimo della serie di Pepe Carvalho non ancora uscito in Italia.
Luis Roldán Ibáñez – un nome da ciclista iberico o da schermidore o cestista o comunque, infine, da uomo politico – è realmente esistito ed è stato un politico del PSOE (Partido Socialista Obrero Español) nonché direttore generale della Guardia Civil che fu implicato in un clamoroso caso di corruzione nei primi anni ’90. Manuel Vàzquez Montalbàn colse l’occasione per costruirci attorno una storia con protagonista il suo mitico investigatore che uscì a puntate su El País prima di essere pubblicata in un libretto di 120 pagine.   Sapete come la pensano i comunisti? Tutto ciò che è mio è mio e ciò che è degli altri è da spartire.
Carvalho è investito da tre ambigui personaggi della ricerca di Luis Roldán, sparito con i loro soldi che dovevano servire per una speculazione fondiaria in Africa. Con il fido Biscuter si mette alla ricerca dell’uomo. Pepe scopre che l’ex direttore della Guardia Civil aveva anche accesso ai fondi neri della polizia spagnola. Le indagini partono dai componenti del vecchio gruppo di cui Roldán era il capo. Il Carvalho che ci propone Vàzquez Montalbàn è ovviamente vecchio e stanco, fiaccato nel corpo e nello spirito, ma conserva le sue passioni principali: il cibo e i libri da bruciare.
Prese le pastiglie per l’acido urico, la pressione, la depressione, l’euforia, la stitichezza e un piatto di trippa alla fiorentina contro l’effetto delle pastiglie, cucinato tempo prima e che conservava con quella volontà da rovine pompeiane propria della trippa in gelatina.
Intanto scopre che il ricercato stava trattando con alcuni soci un traffico di corna di rinoceronte da cui ricavare afrodisiaci sfruttando i suoi contatti ai tempi della polizia. Le piste che segue Carvalho però si biforcano: una si indirizza a Saragozza e lì invia Biscuter; l’altra porta lui stesso addirittura a Damasco. Montalbàn, con capitoletti alternati, ci porta al seguito di entrambi e alle avventure che ne conseguono.
“Fila via, figlio di puttana, se non vuoi trovarti con una bella sciolta”.
Una bella sciolta? Carvalho cercò di ricordare l’argot carcerario e quest’espressione non gli tornava in mente.
“Cagarsi addosso. Diarrea, cretino…”

Il problema per l’investigatore è che gli avvistamenti di Luis Roldàn si moltiplicano. Viene visto in più posti contemporaneamente. Si tratta di sosia, evidentemente sguinzagliati sotto gli occhi di Carvalho per depistare la ricerca. Entrano in gioco l’Eta, il Gal, il Cesid, addirittura il Mossad. Pare che anche altri soggetti siano interessati a scovare Roldàn. I travestimenti non finiscono più, compresi quelli delle donne.
Tutto nella stanza era a mezz’asta, a cominciare dal saziato desiderio di Carvalho e dai capezzoli della quarta donna che si erano chiusi in sé, rifugiati nei loro quartieri d’inverno.
Tutto il libro trasuda umorismo scatologico che non è il caso qui di esemplificare. Si sappia solo che gran parte della ricerca si svolge nel sottosuolo: nelle fogne di Saragozza, dove si muove Biscuter; in quelle di Damasco dove per Carvalho sarebbe fondamentale riconoscere le materie che vi piovono per capire in quale parte della città si trovi, nella cristiana o nella musulmana. Poi i due si rincontrano nei sotterranei di Barcellona.
Stava vivendo un romanzo storico e quasi non era uscito da scantinati, sotterranei, cloache, fogne.
Il mistero dei tantissimi sosia di Luis Roldàn è infine svelato attraverso un annuncio sul quotidiano ABC: “ROLDAN. Se lei assomiglia all’ex direttore generale della Guardia Civil e parla con accento aragonese, scriva e spedisca una foto a… Ingaggio occasionale, minimo 200.000 mensili. Cibato e vestito”.
E chissà se lo strano mendicante al cui cospetto si trovano finalmente Carvalho e Biscuter è il vero Luis Roldán o l’ennesimo sosia? Quello che si comprende è che la ricerca non era finalizzata al ritrovamento dell’ex poliziotto e dei soldi ma semplicemente a testare la bontà del piano di depistaggio orchestrato da un membro dei servizi segreti, Pablo Nidal Fernández, una specie di Grande Fratello. Con buona pace di Pepe Carvalho che può tornare ai suoi passatempi preferiti.
“Io i libri non li leggo. Li brucio”.
In verità è una storia complicata da seguire, ma che bell’attacco agli intrallazzi tra politica e affari! E quanto ci mancano nuove storie di Manuel Vàzquez Montalbàn…

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