Ho letto “Presagio” di Andrea Molesini

A cento anni dall’inizio della prima guerra mondiale (le cerimonie sono già iniziate, ma la data della dichiarazione di guerra è il 28 luglio 1914) mi è parso doveroso ricordare (non celebrare, perché non si celebra una carneficina, come invece pare si apprestino a fare un po’ dappertutto) leggendo qualche romanzo ambientato in quell’epoca. Molesini, di cui è uscito Presagio, capita a fagiolo. Poi leggerò altro, scegliendo tra Stefan Zweig e Alexander Lernet-Holenia che hanno lasciato pagine memorabili contro la guerra. Pur essendo un contemporaneo, Andrea Molesini mi pare interpreti alla perfezione quel clima di tragedia incombente presente nei romanzi dei due scrittori citati e di cui lui aveva fornito ottima prova con il premiatissimo Non tutti i bastardi sono di Vienna.  Mi diverte scoprire che Niccolò Spada, protagonista di questa storia, è realmente esistito. Era un imprenditore veneziano di inizio ‘900, illuminato e rivolto al futuro. Capì le potenzialità turistiche del Lido, progettò e costruì l’Excelsior, fondò la gloriosa CIGA, creò i viali a mare, i grandi edifici liberty, registrò il marchio Lido per fare concorrenza ai più rinomati centri balneari. Un genio, insomma, ben conosciuto nella città lagunare. Penso che quando tornerò al Lido per la Mostra del Cinema non potrò non pensare a lui e a questo libro.
Dunque, Molesini colloca l’azione nei giorni tra l’attentato di Sarajevo (28 giugno) e la dichiarazione di guerra, durante i quali i governi non furono capaci di trovare una soluzione che evitasse il conflitto. Il clima di incertezza si rifletteva anche a Venezia, all’Excelsior, dove il commendatore Niccolò Spada sovrintendeva al funzionamento del Grand Hotel e alla vacanza dei suoi ospiti, nella fattispecie la meglio aristocrazia di tutta Europa. Tra gli ospiti spicca la marchesa Margarete von Hayek, donna misteriosa e di raro fascino e bellezza, con la quale il commendatore, molto sensibile alle donne, ha un flirt.
Nel commendator Spada percepiva un che di spavaldo e di infantile, un entusiasmo ferino che la scuoteva dentro, e poiché era usa amministrare i propri lombi con la stessa ardita sfacciataggine con cui trattava i gentiluomini – nani e giganti – che affollavano il suo carnet, era decisa a sfidarlo tra le lenzuola.
Margarete però serba un segreto torbido del quale Niccolò non riesce a venire a parte. Intanto l’uomo, in quel clima di trepidazione per le sorti del mondo, fa un sogno ricorrente: un cacciatore in una foresta ossessionato dal ruggito di un leone.
E il buio. E il silenzio. Lo stesso silenzio dell’aquila che dall’alto sceglie l’agnello. Silenzio dentro le ossa, negli occhi, nel sangue che pulsa. E il ruggito, sconfinato, fermo come il tuono.
Margarete chiede a Niccolò una lettera di credito. Nonostante sia molto ricca, ha ancora bisogno di soldi. Servono per un amico ricoverato a San Servolo, l’isola dei matti.
La marchesa e il commendatore trascorrono notti memorabili, incuranti delle chiacchiere degli ospiti e del personale dell’albergo.
E con la prima luce la quiete calò sui guanciali, sui vestiti disseminati sul tappeto, sugli specchi, gli stucchi, le cosce sfinite.
Da Parigi arriva un personaggio inquietante, un ex giornalista buttato fuori da Le Figaro. Insegue la marchesa da tempo, vuole da lei delle spiegazioni circa fatti accaduti in Francia. E’ un altro pezzo del segreto di Margarete.
Il 28 luglio Niccolò fa un discorso commosso agli ospiti dell’Excelsior, partono tutti quelli la cui nazione è interessata dalla guerra e si appresta a licenziare gran parte del personale. E’ finita, forse per sempre, la stagione delle grandi villeggiature.
Profughi di lusso, i villeggianti, e profughi che scappavano per mettere in salvo la vita e le quattro carabattole che la vita aveva loro permesso di mettere insieme.
Tralascio ciò che accade poi a San Servolo perché fa parte di quelle cose che si devono gustare solo leggendo. Molesini però ci accompagna lì tra gli odori. …sperava che l’aria diluisse il puzzo di colonia di terz’ordine. (…)Odore di fenolo. Di vento marcio e di fenolo. (…)Le pareti scrostate puzzano di cuoio e di ferro…
Personaggi realmente esistiti si mescolano a figure di pura finzione e danno origine a vicende verosimili ma come guardate attraverso un vetro leggermente smerigliato. E in alcuni frangenti la prosa di Molesini sfiora la poesia. Mentre su tutto – cose, luoghi, persone, fatti – governa la Storia, quella con la S maiuscola.
La dichiarazione di guerra e le successive mobilitazioni di Russia, Germania, Francia e Inghilterra, svuotarono gli alberghi di Venezia, condannando alla disoccupazione e alla miseria gran parte della sua popolazione.

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