Ho letto “La costola di Adamo” di Antonio Manzini

Era da più di mezz’ora che il vicequestore se ne stava seduto nella sala d’attesa della procura a guardare le venature della porta di legno del giudice Baldi. Curioso come ogni volta ci vedesse sempre delle forme diverse.
Dopo aver letto Pista nera, nel secondo caso sul quale indaga, Rocco Schiavone appare un personaggio un po’ meno negativo di quanto era apparso nel romanzo precedente. Diciamo che Antonio Manzini umanizza la sua creatura letteraria, non fosse altro perché rende un po’ più comprensibile la sua storia con la defunta moglie. Non spiega tutto, però l’incontro fortuito con i suoceri al cimitero di Prima Porta sulla tomba di Marina ci fa capire che Rocco ha molto da farsi perdonare.   E niente avrebbe alleviato la violenza di quei morsi continui che sentiva in petto, quelle unghiate che lo laceravano dentro facendolo sanguinare.
Questo spiega i suoi comportamenti sopra le righe, da violento con gli indiziati, da maleducato con i sottoposti, da spaccone con le donne, con la tendenza ad arrangiarsi anche al di fuori della legge e a farsi giustizia a modo suo. Aosta è gelida e gli va stretta. Una donna ancora piacente e neppure troppo avanti con gli anni, viene trovata impiccata al cavo del lampadario nella sua casa. Tutto fa pensare al suicidio, ma Schiavone non è per nulla convinto. Da lì dipartono tre possibilità, ciascuna con possibili varianti e altrettante storie diverse. La domestica lituana, il marito rappresentante di articoli sportivi, ladruncoli d’appartamento scoperti durante un furto come dimostra la devastazione nell’alloggio.
Mentre i pezzi del mosaico che porterà alla soluzione si profilano all’orizzonte, Schiavone vive il suo amorazzo con Nora e corteggia inutilmente la bella poliziotta Caterina Rispoli. Come accennato, fa una scappata a Roma dove ha casa per incontrare gli amici, che non si capisce bene se siano anche loro poliziotti o piuttosto delinquenti.
Il vicequestore aprì la porta del suo appartamento ma non entrò subito. (…) Odore di chiuso. I mobili, lugubri e tristi coperti da lenzuola bianche. Il frigorifero aperto, vuoto con i canovacci a terra. I tappeti arrotolati e nascosti dietro ai divani.
Tornato ad Aosta gli si apre un nuovo scenario quando l’anatomopatologo Alberto Fumagalli gli comunica che sul cadavere sono state riscontrate numerose vecchie fratture. Anche questa non è ancora la pista giusta, o comunque non quella definitiva.
Ma per capire l’egoismo, la rabbia o la follia, Rocco doveva immedesimarsi, come fanno i bravi attori prima di interpretare un personaggio. (…) entrare nella testa malata di quella gente, mettersi addosso la loro pelle lurida, mimetizzarsi e scendere laggiù, nelle fogne, a cercare con la torcia la parte più indegna e sporca di un essere umano.
Infine, per risolvere un mistero, dice Rocco, occorrono calma e freddezza e non frustrazione, far lavorare il cervello e non lasciare agire i nervi. E non importa se alla fine la verità che si scopre non coincide esattamente con il concetto che comunemente si ha di giustizia. O viceversa. Diavolo d’uno Schiavone e di un Manzini!
Oltre ai due romanzi Pista nera e La costola di Adamo, Rocco Schiavone, è presente nelle raccolte di racconti gialli che Sellerio pubblica in occasione di Capodanno, Natale, Ferragosto e altre feste comandate.

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