Ho visto “The President” di Mohsen Makhmalbaf (Venezia 71)

Dal regista iraniano di Viaggio a Kandahar arriva un apologo sulla dittatura, la violenza, la vendetta. E’ ambientato in un ipotetico stato caucasico ma potrebbe essere ovunque. Per la vicenda che vi si narra mi vengono in mente dittatori come Ceausescu o Gheddafi. Qui è il Presidente – Dio veglia dal cielo su di noi e il nostro Presidente veglia dalla terra – ma si fa appellare Vostra Maestà. In una sera in cui splendono le luminarie sulla città ha appena firmato la condanna a morte di alcuni oppositori e si diverte a dimostrare la propria onnipotenza al nipotino facendo spegnere e riaccendere l’illuminazione pubblica. All’ennesimo spegnimento le luci non si riaccendono e si sentono invece crepitare le mitragliatrici. E’ il colpo di stato. Il giorno dopo accompagna in limousine la propria famiglia all’aeroporto per metterla al sicuro all’estero. Ma il nipotino vuole restare con lui, anzi con Maria, una bambina compagna di giochi con cui è cresciuto. Al ritorno verso la città è tutto bloccato: il paese è in mano ai rivoltosi. Dittatore e nipote, nelle loro anacronistiche uniformi, sono in fuga. Il guardaspalle si è sacrificato per aprirgli un varco tra i rivoltosi, l’autista li ha abbandonati. Prima con una moto, poi a piedi e con mezzi di fortuna, il Presidente cerca di sfuggire ad una caccia spietata e a una taglia che pende sul suo capo e che di giorno in giorno lievita fino ad arrivare a un milione di dollari. Travestiti da mendicanti e musicisti di strada, nonno e nipote scoprono un mondo diverso da quello a cui sono abituati. Ma per il dittatore non c’è alcun ripensamento circa il paese mandato in rovina, cerca solo di raggiungere il mare, farsi portare all’estero e tentare di riprendere il potere. Intanto è testimone delle violenze che in nome della libertà i suoi ex-soldati attuano nel paese. Nel loro vagare nonno e nipotino si uniscono ad un gruppo di ex-condannati, ora liberi. Tra di essi, alcuni sono feriti e resi storpi dalle torture, odiano a morte l’ex-presidente. Quando vengono scoperti, ormai giunti sulle rive del mare, resta solo da decidere come giustiziarli: lapidati, fucilati, impiccati… E’ una scena comune a tante viste nei telegiornali, quando il dittatore è nelle mani della massa assetata di sangue e di vendetta. Solo un ex-deportato si oppone al linciaggio, cercando di far capire agli altri che la violenza continuerà ad attrarre altra violenza. Riesce soltanto a salvare il bambino.
Il messaggio di pace e riconciliazione contenuto nel film di Mohsen Makhmalbaf è quanto mai opportuno di questi tempi. Il regista ci propone un esercizio forte e difficile di libertà e democrazia per affermare la giustizia senza ricorrere alla violenza.
Misha Gomiashvili (nonno) e Dachi Orvelashvili (nipote) fanno ovviamente gara di bravura, ma il bambino, per cui quell’avventura è solo un triste gioco, è veramente stupendo.
Visto in streaming grazie a mymovies.it che propone i film della sezione Orizzonti della Mostra del Cinema di Venezia.

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