Ho letto “Una pagina di storia” di Romain Gary

E’ un libriccino di 110 pagine con cinque racconti che conferma la grandezza di Romain Gary anche sul versante delle short stories. Neri Pozza li ha pubblicati nel 2014 estraendoli dalla raccolta Les oiseaux vont mourir au Pérou (1960).
Due racconti in particolare mi sono parsi in linea con i suoi grandi romanzi. Nel primo, Il liuto, vi è la figura di un diplomatico che Gary deve aver ricavato dalla sua esperienza tra le feluche francesi. L’ambasciatore conte di N. è in servizio a Istanbul dove da alcuni anni alloggia con la famiglia dopo aver molto ma inutilmente anelato un incarico a Roma. E’ noto e apprezzato per la sua eleganza e la sua cultura. Ha una passione sviscerata per gli oggetti belli e si attribuisce un talento innato, quanto inappagato, per l’arte che ha sacrificato per il proprio mestiere. Al bazar frequenta un venditore, Ahmed, che gli sottopone continuamente opere d’arte.
Il conte trascorreva le mattinate alla cancelleria diplomatica e poi, nel pomeriggio, vagava a lungo tra le moschee e i suk, s’intratteneva con i mercanti e gli antiquari; restava per ore in meditazione di fronte a una pietra preziosa o ad accarezzare, con le sue dita lunghe e sottili che parevano fatte per quel gesto, una statuetta o una maschera, come per cercare di portarle in vita.
La sua casa si è trasformata a poco a poco in un museo e ancora continua a comprare oggetti. L’ultimo è un antico liuto che gli ha proposto lo stesso Ahmed. Il conte di N. si intestardisce a voler imparare a suonarlo e il mercante gli fa dare delle lezioni a casa dal nipote. Presto la moglie capisce dolorosamente che non si tratta solo di arte e di musica.
L’altro racconto si intitola Il falso. Vi si racconta di S., un ricchissimo uomo d’affari originario di Smirne, che si è fatto dal nulla diventando poi collezionista di opere d’arte e che si contende i Rembrandt con i più importanti musei. Il suo parere sull’autenticità dei capolavori è legge ed è tale da condizionare anche i critici più quotati.
Io non transigo sulle questioni di autenticità. In un mondo in cui le falsificazioni e i falsi valori trionfano ovunque, la sola certezza che ci rimane sono i capolavori. Dobbiamo difendere la nostra società dai falsari di tutte le risme.
Invano tal Baretta, un commerciante siciliano arricchitosi con il trust alimentare italiano e divenuto egli stesso collezionista, cerca di convincerlo ad affermare l’autenticità di un Van Gogh, costato 300 mila dollari. Per S. è un evidente falso e gli consiglia di bruciarlo pubblicamente facendo un bel gesto contro le contraffazioni.
…quell’uomo gli era piuttosto simpatico, e comprendeva bene il suo bisogno di coprire le tracce di gorgonzola e di salame sulle pareti con tele d’autore, unico blasone di cui il denaro poteva ancora fregiarsi. 
Baretta tuttavia escogita un bel modo per vendicarsi: gli dimostra che il falso non esiste solo nell’arte. Può essere presente anche nelle persone che ti vivono accanto. Dopodiché la vita del ricco imprenditore e collezionista è definitivamente rovinata.
Grottesco è il racconto che dà il titolo al volumetto: in Una pagina di storia, ambientato nella Germania nazista, Romain Gary fa rivivere il buon soldato Schweik, personaggio creato giusto cento anni fa dallo scrittore ceco Jaroslav Hašek.

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