Ho letto “La signora nel furgone” di Alan Bennett

Alan Bennett racconta in prima persona, come in un diario, la quasi ventennale conoscenza con una tal Miss Shepherd, una sorta di disadattata che è vissuta per l’ultima parte della sua vita in un furgone, parcheggiato dapprima lungo il marciapiede antistante la sua casa e poi, bontà dello scrittore, nel giardino di casa sua. Particolare non da poco perché ha consentito alla ‘barbona’ di avere un indirizzo e di usufruire così dei sussidi pubblici. Saranno tanti anni di aiutini, dispensati in maniera burbera, apparentemente malvolentieri, chiudendo un occhio e turandosi il naso per i miasmi che provengono dall’interno del furgone, ma che denotano infine la grande umanità dello scrittore e la riconoscenza della vecchia verso il suo benefattore.
Ottobre 1973. Ho fatto arrivare un cavo nel capanno e ora devo regolarmente riparare la stufetta di Miss S.
Giugno 1980. Miss S. ha inaugurato il guardaroba estivo: un impermeabile rivoltato con delle grandi toppe marrone. (..) Mi chiede di farle un po’ di spesa: “Mi serve un pacchettino di bicarbonato, un po’ di latte e degli orsetti di gelatina. Gli orsetti non sono urgenti.”
Marzo 1989. Tutto intorno allo sportello del furgone c’è uno strato sottile di borotalco e vari fazzolettini di carta appallottolati, sporchi di quella che potrebbe essere o non essere merda.

Bennett consegna ad appunti puntuali e spesso autoironici gli incontri quasi quotidiani con la donna che si insinua a poco a poco nella sua vita sempre però mantenendo una sorta di aristocratico riserbo. Non molto conosce lo scrittore della vita di Miss S. se non alcuni strampalati e poco credibili episodi che lei stessa racconta. Verrà a sapere il resto dopo la sua morte contattando un parente che si rivela essere il fratello.
La domenica prima di morire andò a messa, cosa che non succedeva da molti mesi; il mercoledì mattina aveva acconsentito a farsi fare un bagno, a mettersi dei vestiti puliti e a coricarsi nel furgone con delle lenzuola pulite; e la notte stessa morì. (….) Non era stato il bagno a uccidere Miss S., come avevo ipotizzato scherzosamente; lasciarsi lavare e rivestire era stata insieme una preparazione alla morte e la sua accettazione.
E’ un racconto divertente e amaro, pervaso dall’inconfondibile humour inglese, che mi conferma la grandezza di questo autore di cui sto imparando a conoscere le opere.

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