E’ una pessima figura di donna questa Angélique che a sessant’anni crede ancora di essere una giovinetta. Non che ci sia qualcosa di male, il fatto è che ha fallito come madre dopo aver disseminato quattro figli con padri diversi e quando si tratta di avviarsi verso la vecchiaia con serenità accanto ad un uomo che le vuole bene e desidera sposarla fallisce un’altra volta. Preferisce le luci illusorie dei night dove ha trascorso tutta la vita come entraîneuse e rappresentano l’unico posto dove veramente si trova a suo agio. Quel Michel, cliente abituale del locale notturno dove Angélique lavora, che si sta dissanguando a colpi di champagne per trascorrere le serate con lei, le propone di sposarla e lei accetta. Si prepara al matrimonio e ricuce i rapporti con i figli, anche con quell’ultima figlia che ha abbandonato quando aveva sei anni. Tutti insieme tornano ad avere una parvenza di famiglia per le nozze della mamma. Si celebra la festa, ma la notte stessa Angélique abbandona il fresco sposo per riprendere la sua vita notturna, totalmente priva di responsabilità nei confronti di se stessa e del prossimo. Il film è ambientato tra Francia e Germania, proprio sul confine, un po’ di qua e un po’ di là, e racconta una storia vera. Anzi, dovrebbe trattarsi di un film-verità visto che gli attori interpretano se stessi. Così Angélique Litzenburger è veramente lei, come sono veramente loro le figlie Cynthia e Séverine e i figli Mario e Samuel Theis. Quest’ultimo firma anche la regia con Marie Amachoukeli e Claire Burger, sue colleghe alla scuola di cinema Fémis di Parigi. Resta l’interrogativo: se la storia è vera perché metterla in piazza? Il cinema come terapia di famiglia? Autovoyeurismo? Il film è stato applaudito e premiato a Cannes. Boh. Mi tengo le mie perplessità. Ho apprezzato molto però alcuni brani della colonna sonora, in particolare Party Girl e I’ll Be Your Woman di Chinawoman, non propriamente inediti ma una scelta felice nel film e per me una scoperta.
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