Ho visto “Point and Shoot”

E’ un bel documentario, presentato e premiato in vari festival. Il regista Marshall Curry compie un’eccellente operazione di montaggio sulla base del materiale girato da un giovane americano di Baltimora, Matthew VanDyke.
Matt era un ragazzo vissuto nella bambagia, come si suole dire, iperprotetto dalla mamma, figlio unico di genitori e nonni a loro volta figli unici. Fin da bambino matura una forte passione per il Medio Oriente che sarà poi l’oggetto della sua tesi di laurea. Lawrence d’Arabia è il suo film preferito. Quando riesce a staccarsi dalle gonnelle ha ormai ventisei anni. Compra una motocicletta, si fa montare una telecamerina sul casco e parte per l’Africa settentrionale. Percorre 55 mila chilometri tra Marocco, Tunisia, Giordania, Siria, Egitto, Turchia con le telecamera sempre accesa e a volte, grazie a un cavalletto, puntata anche su se stesso. E’ il 2006. Poi raggiunge l’Iraq dove ha intenzione di fare l’operatore embedded per alcune emittenti americane. Così apprende anche l’uso delle armi. In Libia conosce una sorta di hippie locale, Nuri, con il quale fa amicizia. Poi VanDyke rientra negli Stati Uniti ma lo scoppio della primavera araba lo fa rientrare in Libia per documentare la lotta dei suoi nuovi amici contro Gheddafi. Ora non si tratta più solo di raccontare viaggi di piacere. La guerra è un’altra cosa e le immagini girate a volte sono raccapriccianti. Matthew VanDyke cade in una imboscata e gli uomini del dittatore gli sequestrano il girato e risalgono ai suoi amici. Per lui cinque mesi e mezzo di prigione dura. Il suo caso approda al Pentagono e sulle televisioni di mezzo mondo. Quando viene liberato è ormai una celebrità.
Nel 2013 decide di mettere mano ai suoi filmati e si affida a Marshall Curry che aveva all’attivo già due nomination all’Oscar per i suoi doc. Il regista lo mette davanti a una telecamera e lo fa parlare. Poi monta il tutto. Unica concessione registica è un’animazione al computer graphic per simulare il periodo della prigionia, quando, ovviamente, Matt non aveva più a disposizione la sua attrezzatura. Il risultato è questo documentario di 85 minuti veramente strabiliante. Il titolo Point and shoot, ovvero ‘mira e spara’ ma anche ‘inquadra e riprendi’ testimonia la metamorfosi di VanDyke: da nerd americano a combattente per la libertà della Libia.
Point and shoot fa parte di una selezione di otto documentari su informazione, attualità e diritti presentati dalla rivista Internazionale al recente festival ‘Mondovisioni’ a Ferrara. La rassegna diventerà itinerante.

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