Ho visto “Interstellar” di Christopher Nolan

Non sono un cultore dei film di fantascienza, eppure questo film mi ha soggiogato e schiacciato sulla poltrona del cinema per tutta la durata (quasi tre ore) con lo sguardo fisso allo schermo. Come lascito, una notte in parte insonne, in parte agitata da incubi…
Christopher Nolan paventa un futuro, neppure troppo azzardato, in cui sulla terra le risorse alimentari, complice un cambiamento climatico, non bastano per tutti. Di conseguenza occorre trovare nuove soluzioni per la sopravvivenza della specie umana. Una cellula segretissima della NASA continua a cercare nello spazio un pianeta su cui sia possibile ricreare le stesse condizioni di vita della terra. E allora ci sarebbero due soluzioni. Quella A, poco praticabile, di trasferirvi tutta la popolazione terrestre. Quella B, ripopolare da zero un nuovo pianeta con ovuli fecondati spediti dalla terra. Un gruppo di scienziati, sfruttando un “whormhole” per superare le limitazioni fisiche del viaggio spaziale e coprire le immense distanze interstellari, ha inviato una dozzina di pionieri a esplorare nuove dimensioni. Di nessuno si è avuta più notizia, salvo deboli segnali che giungono da alcuni avamposti. Capita a fagiolo quindi l’ex astronauta Cooper, ora diventato agricoltore, che viene arruolato per comandare l’equipaggio di una nuova spedizione. Nella sua fattoria lascia il padre, un figlio e la figlioletta di dieci anni Murph, perspicace e molto sensibile ai temi cari a Cooper che non vorrebbe lasciare partire.
Nella missione non ci sarebbero problemi di fronte alla giustezza dei calcoli scientifici, ma il fattore umano nelle scelte comporta sempre dei margini di errore: a volte l’ambizione come nel caso del prof. Brand (Michael Caine) e del dottor Mann (Matt Damon) o l’amore che è la spinta che anima Amelia Brand (Anne Hathaway) verso un certo pianeta o l’istinto di conservazione di Cooper (Matthew McConaughey) che vorrebbe tornare sulla terra per rivedere i figli pur sapendo che li troverebbe invecchiati. Infatti un’ora trascorsa in quelle galassie equivale a sette anni sulla terra. Così vediamo Murph cresciuta dialogare in video col padre lontano avendo la sua stessa età. La ragazza è divenuta scienziata e lavora al fianco del prof. Brand. E’ lei che ne raccoglie l’eredità e trova la soluzione per riabbracciare il padre.
Come mie stelle polari del cinema di fantascienza avevo 2001: Odissea nella spazio (1968) di Kubrick e la risposta sovietica Solaris (1972) di Tarkosvkij. Ora aggiungo anche Interstellar che considero il loro degno erede oltre 40 anni dopo. Il futuro da cui parte Nolan è composto da gente rassegnata alla decadenza della terra, che ha accettato il fatto che le spedizioni spaziali americane degli anni ’60 e ’70 erano soltanto una montatura per mettere in difficoltà i sovietici e che costringe la NASA a fare ricerca sotto traccia e missioni completamente all’oscuro dell’opinione pubblica. Certo c’è da perdersi un po’ quando si parla di buchi neri, quarta e quinta dimensione, tuttavia la ricerca di soluzioni circa il futuro dell’uomo e del nostro pianeta lega bene tutti gli ingredienti del film: dai simpatici robot TARS e CASE ai pianeti fatti di solo ghiaccio o di sola acqua.
Affascinante, coinvolgente, efficace nel montaggio che alterna le vicende dello spazio a quelle umane sulla terra, Interstellar è cinema grande e coraggioso.

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