Ho letto “Otto Semplici Storie”

Otto Semplici Storie è un librettino di un centinaio di pagine – 94 per l’esattezza – che non si troverà in libreria ma, credo, lo si potrà richiedere alla cooperativa che lo ha promosso e pubblicato. E’ una pubblicazione molto semplice e insieme complessa. Semplice perché è stata scritta da otto professionisti dell’assistenza domiciliare selezionati per raccontare altrettante storie dal loro vissuto lavorativo. Per esteriorizzare le esperienze con le persone che hanno assistito – qui sta la complicazione della faccenda perché è tutt’altro che semplice risintonizzare in maniera efficace ad uso degli altri quello che si è vissuto – sono stati aiutati da uno scrittore. Per alcuni mesi si sono ritrovati insieme il venerdì sera in una sorta di analisi di gruppo, prima di scrivere le proprie storie con  modalità omogenee e per quanto più possibile leggibili.
Così Patrizio, Maria Rita, Claudia, Giusy, Rita, Giuditta, Sabina e Loredana hanno raccontato rispettivamente le storie del loro lavoro con Ambrogio, Elisa, Giulio, Guendalina, Gianni, Fabio, Michele e Claudio.
Una mattina di tanti anni fa mi recai presso l’abitazione dell’utente.
Ma ci impiega poco “l’utente” a diventare una persona con una sua storia precisa. E lì sta il coinvolgimento dell’operatore, che presto supera la freddezza del linguaggio burocratico e la schematicità delle procedure, vince le diffidenze e instaura un rapporto.
Le persone sono al centro di questo lavoro. Per ogni assistito c’è un groviglio di affetti e di luoghi, a volte di solitudini, destinato a evaporare nel momento in cui viene inevitabilmente “istituzionalizzato” (si dice così, con questa orrenda espressione) oppure passa a miglior vita. Qualcosa però rimane nell’OSS (Operatore Socio Sanitario = Otto Semplici Storie) se è vero che… “Mi ero ripromessa di non trovarmi mai più in una situazione simile. Ho sempre cercato di svolgere il mio lavoro con impegno dando alle persone il meglio, senza farmi coinvolgere. Mai dire mai“. Oppure “Per lui ho sofferto e ho imparato che è lavoro e che non si deve soffrire per lavoro, perché altrimenti sarebbe tutti i giorni una sofferenza”.
Ogni storia termina con una sorta di letterina scritta dall’operatore all’assistito che generalmente non c’è più o è passato sotto le cure di una struttura. E in genere si tratta di ringraziamenti per quanto ricevuto.
E’ una lettura che dovrebbero fare in molti, ad esempio quelli come me che, per i casi della vita (per il momento…), hanno avuto la fortuna di non avere attorno a sé problemi come quelli descritti negli otto raccontini e comunque non conoscono queste realtà.
Pubblicazione a cura della Cooperativa sociale i.D.eA. (giugno 2014).

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