Ho letto “La mia anima è ovunque tu sia” di Aldo Cazzullo

Tanti partigiani erano senzadio; ma erano pur sempre i figli dei contadini della Langa.
Tra i “si dice” e i “non detto”, la leggenda del tesoro della Quarta Armata ha attraverso i decenni dalla fine della seconda guerra mondiale fino a oggi, in particolare nel cuneese e soprattutto ad Alba. Pare – è tramandato dalla diceria popolare ed è scritto nel romanzo – che questo tesoro abbia arricchito due note famiglie della Langa, o quanto meno abbia fatto loro da trampolino di lancio per costruire importanti fortune. Aldo Cazzullo che è di Alba – oltre a essere un bravo giornalista, dapprima alla Stampa e poi al Corriere – sicuramente negli anni ha orecchiato qualcosa ma si è guardato bene con questo suo romanzo d’esordio (è molto apprezzato invece per i suoi numerosi libri d’inchiesta e di ricostruzione giornalistica) dal fornire troppi indizi, anzi si diverte con una nota in chiusura a ingarbugliare ulteriormente le carte, scrollandosi di dosso ogni possibile sospetto di conoscere bene i fatti.
Storia inventata quindi, pura fiction, prendiamola così. E’ una vicenda che si dipana dal ’45 al 2011, dagli ultimi rigurgiti del nazifascismo all’Alba ricca e moderna di oggi, che Cazzullo scandisce bene in svelti capitoletti, alternando i fatti della guerra partigiana agli eventi di sessantasei anni dopo. In mezzo ci sono gli inserimenti di uno scrittore che già nel 1963 cercava di ricostruire in un libro il mistero del tesoro. Per questa figura, Amilcare Braida, Cazzullo si è ispirato e ha voluto rendere omaggio a Beppe Fenoglio. Non faccio accenno alla trama, concentrata in 120 pagine di fin troppo facile lettura e comprensione, un compendio di rancori, tradimenti e vendette che si intrecciano a forti passioni amorose e a inevitabili interessi economici che ha per protagonisti partigiani e fascisti, ricchi produttori di vino, ministri del culto, donne affascinanti oltre al fantomatico tesoro.
Lei sulle prime lo respinse, ma lui insistette. La prese con la stessa voracità con cui il cane del padre si era divorato il tartufo.

Share this nice post:
Questa voce è stata pubblicata in Libri. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*