Ho letto “Sì” di Thomas Bernhard

…e nessuno mi ha mai permesso di scrutare dentro di sé più in profondità e più spietatamente, e sempre più spietatamente e sempre più in profondità.
Il narratore di questo romanzo pubblicato nel 1978 da Thomas Bernhard è uno scienziato naturalista che ha scelto una sorta di clausura per dedicarsi ai suoi studi. Vive in una casa che si è ristrutturato da solo, nel bosco ai margini di un paesino dell’Alta Austria. Attraversa però un brutto periodo, caratterizzato da impotenza vitale e nausea esistenziale e dall’atrofizzarsi del mio pensiero provocato dall’isolamento volontariamente ricercato. Coltiva quindi una mania autodistruttiva che non fa nulla per combattere, anzi…non un giorno di più, e tutto lo fa pensare, mi sarei suicidato, avrei chiuso questa esistenza. L’unica persona che frequenta è Moritz, l’agente immobiliare che gli ha venduto il rudere poi restaurato, da cui si reca alla sera per scambiare quattro chiacchiere, ma al momento in cui inizia la narrazione queste visite si sono molto diradate. Poi finalmente si decide a tornare a trovarlo, ma con lo scopo di sfogarsi, di spiegargli la sua infermità psicoaffettiva e rovesciargli addosso tutti i suoi problemi. Ma proprio lì trova due nuovi personaggi, lo svizzero e la sua compagna e ciò lo distoglie dai suoi propositi. Il romanzo inizia in quel momento, con un periodo lunghissimo, oltre 500 parole senza un punto. L’uomo è un ingegnere che costruisce centrali elettriche, lei è una persiana che ormai da quarant’anni ha sacrificato i suoi studi per la carriera del marito. Ora si trovano da Moritz per comperare un fondo su cui costruire una casa.  Il narratore, ormai spiazzato, è attratto dalla persiana e inizia a frequentarla con lunghe passeggiate nei boschi.
Con pochissime parole mi ero messo d’accordo che il giorno dopo verso le cinque saremmo andati nel bosco di larici.
In un certo senso la sua vita cambia, nella persiana trova una partner per dialogare che non avrebbe mai immaginato, si risolleva dalla sua apatia e si riscopre avido di vita.
…la comparsa degli svizzeri non significava certo la guarigione, ma solo un’interruzione del processo morboso.
Mentre la figura dell’ingegnere svizzero sbiadisce sullo sfondo – in realtà il suo progetto era di costruire una casa nella zona più disagevole possibile, trasferirvi la moglie e riprendere a viaggiare per lavoro – la donna persiana diventa centrale. A lei il narratore trasmette tutti i suoi malesseri che vengono assorbiti dalla donna come una spugna finché il loro rapporto si interrompe.
E’ incredibile con quanta rapidità si logori la migliore relazione, e infine si esaurisca, quando si abusa delle sue forze.
Solitudine, isolamento, suicidio, temi peculiari nella produzione letteraria di Bernhard, qui raggiungono il parossismo. L’incontro tra due solitudini – in fondo sono due intellettuali che conversano e disquisiscono di musica e filosofia – potrebbe avere ben altra evoluzione; lo scrittore austriaco invece trasferisce dall’uno all’altra la volontà del suicidio, un punto d’arrivo che se siamo onesti, ci è noto da tutta la vita… ma che dalla donna viene cercato e anticipato. Romanzo inquietante, difficile da metabolizzare.
Da me si era aspettata la salvezza, ma io l’avevo delusa.

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