Ho visto “Melancholia” di Lars von Trier

Anche se non rispetta più tutte le regole del decalogo registico di Dogma 95, da lui stesso creato, Lars von Trier sicuramente ha rispettato quella che impone l’uso della macchina da presa soltanto a mano. Infatti dopo cinque minuti di proiezione – come è accaduto per altri suoi lavori – mi ha colto la nausea per l’ondeggiare delle immagini, mai ferme. Malessere fisico che si è via via accentuato nel corso del film. Non so se accade ad altri spettatori o se io sono particolarmente delicato. A questa sensazione se ne è aggiunta un’altra, l’ansia provata nella seconda parte del film, quando il pianeta Melancholia, dieci volte più grande della Terra, si fa sempre più incombente e che il regista rende perfettamente con un accumulo di segnali inquietanti: cavalli imbizzarriti, campi elettromagnetici impazziti, stranezze atmosferiche come la neve in piena estate. Un malessere che, sono certo, si è trasferito dai protagonisti sullo schermo agli spettatori in platea, a lungo ammutoliti anche quando le luci si erano riaccese da un pezzo. Insomma, non avevo mai provato alla proiezione di un film una sensazione così fisica.
Articolato nelle sue due parti, nettamente distinte, “Melancholia” è un film bellissimo che rivaluta una stagione cinematografica fino a questo punto – a mio parere – alquanto moscia. Nella prima parte la bella Justine (Kirsten Dunst) partecipa al ricevimento delle proprie nozze nella lussuosa villa del cognato e della sorella Claire (Charlotte Gainsbourg). Dalla sua progressiva noia comprendiamo che il suo matrimonio è una evidente prigione: ci mette poco a tradire il marito la sera stessa con il primo ragazzotto che le capita a tiro, trascura ospiti e consorte, litiga con il suo datore di lavoro e si licenzia. Solo la sorella sembra capirla e starle vicino.
Nella seconda parte i ruoli si invertono. E’ Claire ora ad essere la più fragile e bisognosa d’aiuto, mentre Justine ha mutato la sua noia in un distaccato cinismo. Il pianeta Melancholia, che già si è affacciato nella prima parte del film, ora incombe più che mai e nella splendida villa ci si attrezza per affrontare l’ancora ipotetica collisione. Il marito di Claire, appassionato di astronomia, è il primo a capire l’ineluttabilità della fine e si toglie di mezzo ingerendo delle pillole che la spaventata Claire aveva acquistato per sé. Justine e Claire con il figlioletto Leo restano da sole ad aspettare la fine.
E’ un film sulla fine del mondo senza essere un film di fantascienza e come tale induce lo spettatore a tante riflessioni. Me se così fosse la scomparsa del nostro pianeta (niente guerre, né fame e malattie…) sarei disposto a metterci la firma. In fin dei conti avrebbe un certo fascino sparire tutti insieme in un solo istante, magari tenendoci per mano come fanno Justine, Claire e Leo!
Kirsten Dunst alla presentazione del film a Cannes 2011 aveva ottenuto il premio per la miglior interpretazione femminile, ma è superlativa anche Charlotte Gainsbourg che d’altra parte era già stata premiata nel 2009 per “AntiChrist”, dello stesso regista. I genitori delle due sorelle sono interpretati da mostri sacri del cinema, John Hurt e Charlotte Rampling. Le note del Preludio dal “Tristano e Isotta” di Richard Wagner accompagnano come meglio non sarebbe possibile le immagini della fine imminente della Terra. E qui il regista danese contravviene ad una delle regole di Dogma (“Music must not be used unless it occurs where the scene is being shot”).

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