Ho visto “Magic in the Moonlight” di Woody Allen (32 TFF)

Ovviamente non ne ho perso uno, ma da una decina di anni i film di Woody Allen sono sempre meno convincenti. Diciamo da Match Point (2005). Certo, si trova qualcosa da salvare in ogni film: una trovatina qua, una battuta là, a volte un intero dialogo. Ma la sostanza è che la vena di Woody pare progressivamente inaridirsi.
In Magic In The Moonlight gioca le sue carte migliori inserendo il bel mondo francese degli anni ’20, la Costa Azzurra e le sue corniches, gli smoking e lo champagne, naturalmente la colonna sonora da età del jazz che fa molto Francis Scott Fitzgerald. A parte questo, la storia sa di stantìo. Il celebre mago e prestigiatore finto cinese Wei Ling Soo che fa sparire gli elefanti davanti agli occhi degli spettatori di tutta Europa viene chiamato in una villa della costa per smascherare una bella e giovane medium che sta incantando famiglie ricchissime spillando loro denaro in quantità. Il mago si chiama Stanley, è inglese pedante, con tanto di fidanzata a Londra, tra le sue specialità c’è proprio quella di smascherare gli impostori. Ma la bella Sophie Baker gli dimostra che è in grado ‘veramente’ di leggere nel pensiero e di mettere in contatto i vivi con i trapassati. Al razionale Stanley, che si sta innamorando della ragazza, non resta che fare pubblica ammenda in una conferenza stampa accreditandola di effettive straordinarie capacità. (Bella la battuta secondo cui i superpoteri non esistono, li ha solo chi brandisce la falce…).
Ma dopo un incidente occorso alla sua adorata zia – anch’essa con tanto di gigantesca villa sulla costa – Stanley si rende conto di essere stato preso in mezzo. Da quel momento del film entriamo nella prevedibilità più assoluta (non che non fosse prevedibile anche prima…).
Il senso di dejà vu che resta di questo film è infinito. Aggiungiamo che l’espressione di un Colin Firth innamorato (attore che peraltro apprezzo) è molto simile a quella di una cozza bollita. Né si salvano la sua partner Emma Stone e gli altri caratteristi Marcia Gay Harden, Jacki Weaver, Hamish Linklater, Eileen Atkins.
E’ resa bene comunque, grazie alle scenografie e al tocco di fotografia di Darius Khondji, l’atmosfera raffinata ma vacua e decadente di un’Europa (siamo nel 1928) che si prepara alle nuove tragedie. Da Woody Allen però ci si aspetta sempre qualcosa in più.

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