Ho letto “La sovrana lettrice” di Alan Bennett

“Certamente” disse la regina “ma ragguagliare non è leggere. Anzi, è l’esatto contrario. Il ragguaglio è succinto, concreto e pertinente. La lettura è disordinata, dispersiva e sempre invitante. Il ragguaglio esaurisce la questione, la lettura la apre”.
La regina ha scoperto la lettura, bontà sua! Di quale regina si tratti non c’è alcun dubbio, la foto è sulla copertina. Tuttavia non ci è dato sapere come Elisabetta II d’Inghilterra abbia preso questa deliziosa presa in giro.
L’incontro casuale con i libri è avvenuto grazie ad una biblioteca circolante parcheggiata davanti alle cucine reali. Dentro ci sono il bibliotecario e uno sguattero intento nella lettura. La regina prende in prestito un libro e sotto la sua protezione il ragazzo che viene presto promosso valletto e responsabile delle letture reali.
Nasce un simpatico rapporto tra sua altezza e il giovane Norman, osteggiato però da tutto l’entourage del palazzo, a cominciare dagli addetti alla sicurezza e da Sir Kevin, il segretario privato. Norman è gay e i consigli di lettura per la regina sono chiaramente orientati. E’ vero che il campo era piuttosto vasto, ma come criterio era un po’ limitativo, soprattutto se si trattava di scegliere un libro per qualcun altro; figurarsi per la regina.
Comunque la curiosità intellettuale della regina è così grande che le letture iniziano a spaziare su tutti i fronti e si scontrano con l’ottusità del personale di Buckingham Palace, condensata in questa affermazione di Kevin: “Sono del parere, Maestà, che sebbene leggere non sia propriamente un fatto elitario, trasmetta il messaggio sbagliato. Direi di esclusione”. La bulimia libraria di Elisabetta dà origine a episodi esilaranti – legge sempre e nasconde i libri in ogni dove – in particolare quando infrange tutte le regole del protocollo e mette in imbarazzo ministri, capi di stato o semplici cittadini chiedendo delle loro letture. Pochi leggono, pochissimi conoscono gli autori e allora lei prova a spiegare Genet al presidente francese e Proust al ministro degli esteri, “La cosa strana era che quando ha intinto un pezzo di dolce nel tè (pessima abitudine) gli è tornato in mente tutto il suo passato. Sa, ci ho provato anch’io e non mi ha fatto nessun effetto.”
Per cavalcare mediaticamente l’ossessione della regina, sir Kevin – uno che farebbe comunicati su tutto, come tanti politici odierni…. – propone un comunicato stampa per orientare i sudditi alle sue letture. Ma lei non ci sta. “Noi leggiamo per nostro piacere. Non è un dovere pubblico”.
Sotto il suo occhio attento e curioso scorrono i classici, così come i contemporanei: Hardy, Forster, McEwan, Ishiguro, Nabokov, Roth…. Il passaggio successivo è prendere appunti per infarcire i discorsi di citazioni e forse per qualcos’altro….. un colpo di scena finale che desta molta preoccupazione tra tutti gli addetti ai lavori. “E’ possibile che io mi stia trasformando in un essere umano. Non sono convinta che si tratti di un cambiamento auspicabile”.
Ormai sono un cultore di Alan Bennett, il più degno e affermato erede dell’umorismo inglese di Wodehouse e Jerome. E The Uncommon Reader è un racconto straordinario. Detto da un lettore “very common” come me.
Riaccese la luce, prese il taccuino e annotò: “Non si mette la vita nei libri. La si trova”.

 

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