Ho visto “Foreign Body” di Krzysztof Zanussi

E’ tornato alla regia dopo anni di assenza (non dirigeva dal 2009) il regista polacco, cattolico per eccellenza, Krzysztof Zanussi.  Ospite d’onore in questi giorni al 26.mo Trieste Film Festival, ha presentato Foreign Body (Corpo estraneo) che già era stato proiettato ai festival di Toronto, Chicago, San Paolo e Tallinn 2014. Il settantacinquenne cineasta ancora una volta porta sullo schermo una vicenda in cui riflette sulla coscienza del suo Paese, contrapponendo gli estremi comportamenti di due donne polacche che hanno in comune la conoscenza con un giovane uomo italiano. Kasia (Agata Buzek) ha vissuto in Italia una relazione amorosa con Angelo (Riccardo Leonelli) ma, nonostante il forte amore che il ragazzo nutre per lei e la contrarietà del padre che la preferirebbe sposata, decide di tornare in patria per farsi suora. Per starle vicino mentre è in convento, Angelo accetta una proposta di lavoro da una multinazionale dell’energia con sede in Polonia. Il top management dell’azienda è totalmente femminile. L’attraente boss è Kris (Agnieszka Grochowska), una donna senza scrupoli che non si ferma di fronte a nulla. Prova in tutti i modi a piegare Angelo ai suoi voleri, ma il giovane manager è irreprensibile. E’ profondamente cattolico, in Polonia frequenta gruppi di preghiera, aiuta un giovane polacco a cercare soldi per un’apparecchiatura che tenga in vita il padre malato e attende con speranza che la sua amata ci ripensi. Atteggiamenti che irritano Kris, nel frattempo alle prese con le conseguenze di un’indagine giornalistica che smaschera le atrocità commesse contro i nemici del regime dalla madre adottiva, ex funzionario del periodo comunista. Durante una trasferta in Russia Kris, alla quale Zanussi attribuisce i peggiori comportamenti che si possano immaginare, confeziona all’inconsapevole Angelo un tentativo di corruzione nei confronti delle autorità locali nell’ambito di una trattativa per la costruzione di un elettrodotto. L’italiano conosce così l’onta e la durezza del carcere russo, da cui riesce a uscire solo per l’intervento congiunto di uno zio prelato in Vaticano e del padre di Kasia, la quale in convento, seppur non immune dai dubbi, si prepara a prendere i voti.
L’insuccesso russo costa a Kris una promozione, a vantaggio di una collega che ha “usato” per tutti i suoi traffici. Il finale mette di fronte i due sconfitti: la donna manager (il demonio, potremmo dire) che ora si interroga sulla propria mancanza di etica e pensa di convertirsi e Angelo (di nome e di fatto) che non essendo riuscito a impedire a Kasia di diventare monaca riflette sull’opposto: “I mistici hanno scritto di aver sperimentato la notte nera. Ora è il mio turno. Forse ero troppo sicuro della mia fede”.
Il film è molto complesso come complesso è il mondo che ci circonda. Tocca una infinità di temi: libertà, morale, fede, politica, etica, economia, sesso… per apprezzarlo occorre aver voglia di riflettere. Splendidamente fotografato, ben interpretato (bravissima la spietata Agnieszka Grochowska, era la moglie di Lech nel film di Wajda Walesa – L’uomo della speranza), ottime scenografie, grande musica di Wojciech Kilar, uno dei compositori prediletti da Zanussi e Polanski. Coproduzione Polonia, Italia, Russia.

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