Ho visto “Živan Makes a Punk Festival” di Ognjen Glavonić (Trieste Film Festival)

E’ troppo curato per essere ‘soltanto’ un documentario, Glavonić non ce la dà a bere: è una fiction bella e buona. Il suo Živan è un personaggio straordinario, uno di quei tipi molto naif che sicuramente ciascuno di noi conosce. E’ appassionato di musica e organizza un festival tutto suo in un remoto villaggio serbo tra Pančevo e Belgrado. Fa tutto lui, tutti i mestieri legati all’organizzazione: riproduce manifesti, incolla locandine sui pali della luce, distribuisce flyer ovunque. E’ instancabile, invita al festival tutti i ragazzi che incontra, tiene i rapporti telefonici con le band, si occupa del palco, delle luci, dei rifornimenti. Il festival di Tomasevac è arrivato alla sesta edizione, per la prima volta sarà internazionale (un gruppo arriva dalla Slovacchia…). Živan deve fare tutto con poche centinaia di euro. Lo seguiamo nei tre giorni precedenti la manifestazione. Si dà molto da fare, guardato con perplessità dai quattro amici che lo aiutano, tutti lo considerano un po’ tocco. Ma la sua iperattività è un po’ sospetta, infatti non ci aspettiamo grandi cose. La location è un campo di calcetto, sgombrato dalle porte e dalle gradinate, il palco è una rientranza in un muro dove di solito si gioca al biliardino. L’entusiasmo è la forza di Živan, che confessa di avere avuto un passato psichiatrico. Prende tutto molto sul serio e affronta con calma i tanti piccoli problemi tecnici.
Il giorno del festival va in fibrillazione perché il gruppo slovacco è in ritardo. Fa e disfa la scaletta. E’ anche un entertainer, sul palco recita poesie punk che ha scritto, una tv di paese lo intervista. In fondo è il suo quarto d’ora di celebrità. Ma anche quest’anno il suo festival sarà un fiasco: i biglietti venduti, al costo di un euro, saranno dodici. Nessun profitto, solo spese. Se ne rende conto: “E’ troppo poco rispetto al lavoro che ho fatto”. Alla fine gli tocca anche fare le pulizie e ripristinare il campo di calcetto.  L’amico Zlatko lo mette di fronte all’evidenza: “L’entusiasmo è follia, tu lo sai meglio di me. Hai preso sedativi per curarti dalla follia. Qui hai creato un’isola per difenderti dagli squali” e ancora “il 95% delle persone pensa che tu sei pazzo, il 5% sa che non lo sei ma solo l’1% parla con te”. Zlatko lo invita a riconoscere di essere un folle. “Se lo facessi mi sentirei ancora peggio” risponde. Insomma, per gli amici Živan è un utopista, un Gesù Cristo, un Don Chisciotte, il cinema ci insegna che può essere anche un nuovo Forrest Gump. Fa tenerezza quando cerca di distribuire fette di una torta che ha comprato e che nessuno vuole. In quel gesto c’è tutta la sua bontà, la sua marginalità, la sua solitudine.
Il poetico film ‘low cost’ di Glavonić, già presentato in novembre al Festival dei Popoli di Firenze, è stato riproposto nei giorni scorsi al Trieste Film Festival.

Share this nice post:
Questa voce è stata pubblicata in Uncategorized. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*