Ho visto “Victory Day” di Alina Rudnitskaya (Trieste Film Festival)

Sei coppie omosessuali riprese nella loro quiete domestica a San Pietroburgo spiegano in questo ‘corto’ la difficoltà di vivere in un paese dichiaratamente omofobo. Una legge approvata dalla Duma nel 2013 che vieta la propaganda di supporto alle relazioni sessuali non tradizionali tra i minori ha in realtà scatenato un inasprimento delle istanze omofobiche presenti nella società russa. Davanti alla macchina da presa di Alina Rudnitskaya le coppie spiegano come sia cambiata in peggio la loro vita: qualcuno ha perso il lavoro, per strada sono aggrediti, mancano i diritti di qualsiasi genere, la paura cresce, come l’incertezza verso il futuro. Tutti sono costretti a vivere il loro amore in clandestinità. “Manca solo che ci facciano mettere addosso il triangolino rosa” dice sarcastico un ragazzo.
Paradossalmente le immagini sono girate in un giorno di festa, il 9 maggio, il Victory Day. Dalle strade arriva il rumore della parata che celebra la vittoria sui nazisti, passa la banda musicale dell’ex-Armata Rossa, i carri con i missili, le truppe in alta uniforme. Sventolano le bandiere. Ora sembra che ci sia un altro nemico da combattere. Pare proprio che la Russia abbia sempre bisogno di una caccia alle streghe per restare unita: c’è stato uno strisciante antisemitismo, ora c’è l’omofobia.
Nelle loro case, sui divani nei tinelli, i ragazzi e le ragazze – chi cucina, chi lava i vetri delle finestre, chi fissa un tassello nel soffitto – esprimono il loro disappunto verso la politica che ha fatto regredire la Russia sotto tanti punti vista.
In 29 minuti la cineasta russa condensa in maniera efficace le conseguenze concrete delle politiche di Putin sulle loro vite. Il film è stato realizzato nell’ambito del progetto “1 Day in the Life” che raccoglie (e filma) esperienze di vita in tutto il mondo. Un documento amaro sulla Russia di oggi, presentato al Trieste Film Festival.

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