Ho visto “Mr. Turner” di Mike Leigh

Il regista (e sceneggiatore) Mike Leigh sceglie di ‘biografare’ la vita di Turner a partire dai cinquant’anni di età, quando era già un pittore molto affermato e aveva girato mezza Europa alla ricerca di paesaggi da dipingere. Ce lo presenta di ritorno da un viaggio nei Paesi Bassi dove ha ammirato i pittori fiamminghi. Ad attenderlo a casa c’è l’anziano padre, William pure lui, un mentore, un amico, un fidato assistente. Il rapporto affettuoso padre-figlio è tra le cose più intense del film: William senior comprava i pigmenti, gli preparava i colori, costruiva i telai per i quadri e, da ex-barbiere qual era, lo radeva. La morte del padre segna Turner profondamente. Già solitario per indole e con pochissimi amici, si richiude ancor più in sé. Due sole volte lo vediamo alle prese con la ex-moglie, per la nascita di una nipote e per la morte di una delle due figlie. Sono incontri burrascosi, in cui Turner non nasconde il suo pessimo carattere e la sua malmostosità, che manifesta apertamente anche negli incontri alla Royal Academy of Arts con l’aristocrazia del tempo (c’è anche una giovane Regina Vittoria, con tanto di principe Alberto, che sogghigna davanti ai suoi dipinti più recenti) e nei rapporti con colleghi e intellettuali (Haydon, Constable, Ruskin…). Abituale frequentatore di bordelli, Turner manifesta una strisciante misoginia che si estrinseca negli assalti sessuali alla devota governante Hannah, povera donna divorata dalla psoriasi, e all’affittacamere di Margate, Sophia Booth, due volte vedova, con la quale tuttavia si riscatta mostrandole una inaspettata tenerezza. La donna lo assisterà fino alla morte.
Dunque Leigh sceglie di privilegiare la vita privata di Turner, relegando gli aspetti artistici ad alcune scene fondamentali per capire la sua grandezza di paesaggista romantico. Ad esempio si fa legare sulla coffa di un veliero per osservare dal vivo una tempesta e riprodurla poi in un quadro. Dipingeva nello studio di casa, dopo aver schizzato a matita su un quaderno, ma soprattutto fissando nella mente con i suoi prodigiosi occhi i posti visitati durante i suoi viaggi. Credo che per motivi di budget Leigh abbia rinunciato a girare sui luoghi del suo vagabondare nel continente, concentrando la storia tutta in Inghilterra. Sicuramente ha fatto la cosa giusta perché un pittore più inglese di Turner non è mai esistito. Ma mi sarebbe piaciuto vederlo all’opera con i paesaggi italiani ai quali pure si è dedicato molto. Campanilisticamente speravo di trovare nel film qualche riferimento al suo passaggio in Valle d’Aosta (ricordo ancora la bellissima mostra “Joseph Mallord William Turner – Le Mont Blanc et la Vallée d’Aoste” nel 2000 ad Aosta) o almeno al breve soggiorno a Ivrea e Torino. Però tra i dipinti su cui insiste il regista c’è Snow Storm: Hannibal and His Army Crossing the Alps, ispirato sicuramente dal suo passaggio per le Alpi effettuato sia dai valichi valdostani che da quelli valsusini.
Di fronte a cotanta bellezza artistica, anche Mike Leigh diventa pittore: per alcune inquadrature verrebbe voglia di far fermare la proiezione per ammirare meglio il quadro che si è creato. Cito ad esempio Turner in barca sul Tamigi. Sono i miracoli del cinema!
La scelta di Timothy Spall per il ruolo di Turner è perfetta. Lui è il più dickensiano degli attori. Qualcuno lo ricorderà per l’intero ciclo di Harry Potter, altri per Segreti e bugie (1996) o Il discorso del re (2010), in cui interpretava Winston Churchill. Spall prende per mano Turner e ce lo avvicina, lo fa sentire nostro. I suoi grugniti – che di volta in volta esprimono insoddisfazione, antipatia, egosimo, avversione più di qualsiasi discorso compiuto – resteranno nella memoria dello spettatore per lungo tempo. Ma non è tutto al negativo il suo personaggio: sorprende per sensibilità quando chiede a Miss Coggins di suonare al pianoforte la sua aria preferita, il Lamento di Didone di Henry Purcell, a cui aggiunge il suo vocione alla Tom Waits. Premio per il miglior attore a Cannes 2014, non ha ottenuto la nomination agli Oscar 2015, come pure il film e il regista. Nomination che invece hanno avuto fotografia (Dick Pope), scenografia (giustamente, come dicevo), costumi e colonna sonora (Gary Yershon, da ricordare). Ad Hannah (Dorothy Atkinson) e a Sophia (Marion Bailey), le due principali figure femminili o le due donne di Turner se vogliamo, il regista affida la chiusura del film dopo la morte del pittore.
Film bellissimo, da rivedere in lingua originale.

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