Ho visto “Difret – Il coraggio per cambiare” di Zeresenay Berhane Mehari

Film semplice e lineare, una di quelle storie che il cinema fa bene a raccontare. La produzione rientra nell’impegno sociale di Angelina Jolie che ha voluto portare alla luce questa vicenda accaduta in Etiopia nel 1995. Difret – in amarico significa coraggio – è tributario della categoria dei cosiddetti legal films, opere che trattano di tribunali e avvocati, di giustizia e ingiustizie, che ha fatto la fortuna di tanto cinema americano.
La quattordicenne Hirut, povera famiglia di contadini la sua, viene rapita da un gruppo di uomini armati di fucile mentre fa rientro da scuola a casa. E’ segregata, picchiata e violentata per giorni dall’uomo che ambisce a prenderla in sposa. E’ il classico rapimento a scopo matrimonio, come si usava tanto tempo fa anche in Sicilia. Come Franca Viola nel 1965 (qualcuno la ricorda?), Hirut rifiuta il matrimonio riparatore, anzi, in un momento di disattenzione dei suoi rapitori, si impadronisce del fucile lasciato incustodito e spara al suo mancato aspirante sposo. Per la giustizia etiope non c’è attenuante che tenga, la ragazzina va condotta in prigione e giustiziata. Così ha deciso anche la giustizia tribale dei capivillaggio, quella che si riunisce sotto il grande albero, a cui quella ufficiale molto spesso ancora si inchina. Per fortuna in quegli anni opera Andenet, una rete di avvocati che offre assistenza legale gratuita, in particolare quando riguarda donne e bambini. Meaza Ashenafi, una giovane donna avvocato, prende a cuore la situazione della coraggiosa ragazzina. Dapprima la sottrae alla prigione, la porta a casa sua e poi in una comunità per tenerla al riparo da vendette, poi la assiste in tutta la battaglia processuale. Per Hirut è la salvezza, per Andenet è il riconoscimento del lavoro di anni in difesa delle donne, contro i pregiudizi e i soprusi di una società ancora maschile e patriarcale.
Saranno cambiate le cose da allora in Etiopia? La strada dell’emancipazione femminile in Africa è ancora lunga. E bisogna avere quel coraggio richiamato nel titolo del film. Acclamato e premiato in vari festival, da Sundance a Berlino, da Amsterdam a Montreal. Distribuito e programmato un po’ sottotraccia, merita di più. Tocca al pubblico far rinforzare la programmazione.

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