Ho visto “Pride” di Matthew Warchus

Si esce dalla proiezione con un senso di libertà e di leggerezza. Fa questo effetto Pride, film inglese che richiama alla memoria i lavori di Ken Loach sulle lotte sindacali, ma anche i disoccupati di Full Monty di Peter Cattaneo. Intelligente scelta della casa di distribuzione indipendente Teodora Film (fondata nel 2000 dal critico Vieri Razzini), presentato alla Quinzaine di Cannes 2014, Pride è il classico esempio di film il cui successo è determinato dal cosiddetto “passaparola”. A dimostrazione di ciò sta avendo una lunga tenitura (quasi due mesi) nell’unico cinema di Torino in cui è programmato. Io arrivo buon ultimo a vederlo dopo le mille sollecitazioni che mi sono arrivate…
La trama – anche questa volta si tratta di un film ispirato a una vicenda realmente accaduta – è ormai nota. A Londra durante la parata del Gay Pride 1984 si forma un gruppetto di amici che successivamente si impegna in una battaglia in difesa dei minatori in sciopero contro i tagli di Margaret Thatcher. Sono i LGSM (Lesbiche e Gay Supportano i Minatori). Iniziano a raccogliere fondi e presto li portano in Galles nel villaggio minerario di Onllwin. Dapprima diffidente di fronte a quella stravagante offerta di aiuto, la comunità mineraria pian piano si sgretola e alcuni abitanti iniziano a fraternizzare con gli attivisti gay. Resta da convincere la parte più riottosa delle famiglie gallesi. I LGSM tuttavia non si danno per vinti, con la loro simpatia conquistano sempre più persone e moltiplicano le loro iniziative, a Londra e sul posto. I giornali più conservatori si impossessano della storia e deridono il legame che si è creato tra i due gruppi. La svolta è un grande concerto organizzato dai gay con la partecipazione dei Bronski Beat (in cui allora militava il leggendario Jimmy Somerville), gruppo fortemente impegnato nella lotta per i diritti civili degli omosessuali. Naturalmente sullo schermo passano anche le storie minimal dei singoli personaggi: ragazzi in cerca di un’identità, gay in rotta con la famiglia, coppie affiatate e altre in crisi, mentre in tutti aleggia la paura dell’aids.
A un anno di distanza i minatori – peraltro sconfitti – sono tornati al lavoro, ma il gruppo LGSM è più attivo e politicizzato che mai. Proprio per questa sua caratteristica viene loro chiesto di sfilare in coda al Gay Pride 1985. Ma in soccorso giunge a Londra l’intera comunità dei minatori, pronta a sfilare a fianco degli amici. E’ un gran bel momento di solidarietà e di unità tra gruppi di persone minacciate dalle difficoltà. Il sindacato dei minatori fu poi il primo a introdurre i diritti degli omosessuali nel suo statuto.
In Pride si ritrovano volti noti del cinema inglese: tanti hanno avuto ruoli nella serie di Harry Potter, Bill Nighy lo si ricorderà in Marigold Hotel (di questo film è di prossima uscita il sequel Ritorno al Marigold Hotel), Dominic West in Johnny English, Andrew Scott era Padre Seamus nel recente Jimmy’s Hall di Ken Loach.
Tutte le vicende sono trattate con leggerezza. Memorabili sono le scene di ballo. A rischio di essere troppo consolatorio, Pride emana comunque sentimenti fortemente positivi. E divertimento.

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