Ho letto “Gente” di Alan Bennett

Leggo poco i testi teatrali (le mie letture sono ferme ai banchi dell’università) ma faccio un’eccezione per le graffianti satire sulla società inglese scritte da Alan Bennett. Leggere lo scrittore e commediografo di Leeds non è un divertimento, è un autentico sollucchero. Di The History Boys ho visto sia il film di Nicholas Hytner del 2006 che l’allestimento teatrale italiano di Ferdinando Bruni e Elio De Capitani. Lo stesso regista nel 1994 aveva tratto da La pazzia di Re Giorgio uno spassoso film con grandi attori. So che è in lavorazione (sarà pronto a fine 2015), ancora di Nicholas Hytner, la trasposizione cinematografica di The Lady in the Van con la favolosa Maggie Smith nel ruolo di Miss Shepherd. Lo attendo con curiosità e trepidazione.
Ma torniamo a questo testo, People, andato in scena a Londra per la prima volta il 31 ottobre 2012. Ne sono protagoniste due anziane signore, Dorothy e June, e la loro, diciamo così, dama di compagnia Iris (ma si scoprirà verso la fine che in realtà è una sorellastra, frutto di una scappatella del loro padre con una cameriera del contiguo villaggio di minatori). Le due sorelle hanno idee diverse circa il futuro della loro magione, ormai cadente, che necessita di importanti, costose e continue manutenzioni. June, che è arcidiacono della chiesa anglicana, vorrebbe cedere la dimora al National Trust, una sorta di Fai britannico, che lavora per conservare e proteggere l’eredità storica. Questa soluzione non piace a Dorothy che continua a viverci e non vuole vedere “gente” che visita la residenza come un museo mentre lei è costretta a fare gli onori di casa. Piuttosto, preferisce vendere arredi pregiati, ricordi di famiglia – mobili, argenterie, arazzi, pitali che hanno contenuto le urine di varie celebrità – per sostenere le spese per le ristrutturazioni oppure, ed è quello che sta facendo, affittare le sale come location di film porno…
DOROTHY A me hanno insegnato a non fidarmi mai di quelli con il cappotto di cammello. Comunque, niente gente… Suona bene.
Un po’ stramba, un passato da indossatrice e chissà cos’altro, Dorothy è la più simpatica delle due sorelle. Ha il desiderio di morire lì dove è nata e dove la famiglia risiede fin dal 1465. Legge giorno per giorno i quotidiani di quarant’anni prima conservati in solaio, contando di mettersi in pari durante gli scioperi dei giornali.
DOROTHY …E ti sto parlando del 1982.
JUNE E’ lì che sei arrivata con i giornali?
DOROTHY C’è una guerra dalle parti del Sudamerica.
IRIS Vedi? Le truppe. Per questo lavoro a maglia.
JUNE Quella guerra l’abbiamo vinta.
DOROTHY Ecco, mi hai rovinato la sorpresa. Fine del divertimento.
Per convincere la riottosa Lady Dorothy l’emissario del National Trust non trova di meglio che etichettare la casa e la famiglia come metafora della storia d’Inghilterra.
JUNE …Non vuoi il Trust. Non vuoi l’umidità. Non vuoi la gente. Cos’è che vuoi?
DOROTHY Vorrei tanto che l’Inghilterra decadesse. A quel punto potremmo almeno smetterla di darci tante arie. Vorrei che l’Inghilterra restasse ferma e che questa fosse una magione come un’altra… senza nessuno che la valuti, senza nessuno che la consideri speciale. Una casa qualsiasi.
Nel mezzo c’è il contrasto tra l’austerità della nobile casa e la  sbrigatività della produzione pornografica, con il sesso esplicito e spinto articolato in tutte le sue declinazioni. Motore – Ciak – Azione. Viva la coscia, centotrentacinque, prima.

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