Ho riletto “Quelli di sottocastello” di Alessandro Caldara

Perché a un “padano” come me il mare piaccia in modo quasi morboso è un mistero che non saprei svelare.
Inizia così il libro scritto da mio padre 35 anni fa (in realtà la pubblicazione è del 1978) dopo aver ripreso in mano vecchi diari del tempo di guerra. Li ricordo bene da bambino, erano due registri ingialliti, scritti a mano con minuta e disordinata grafia. Nel 1976 dopo la pensione e con uno stato emotivo condizionato da un recente infarto, prese a trasformarli in un libro che la Mursia – all’epoca aveva una collana di libri di guerra sul mare – fu ben lieta di pubblicare. Nacque così “Quelli di sottocastello – (cronaca di guerra 1940-1943)”.
Il termine “padano” che mio padre scriveva tra virgolette, ben inteso non aveva nulla di politico (la Lega Nord era di là da venire), se mai era usato alla Gianni Brera che scriveva “Io son padano di riva e di golena, di boschi e di sabbioni. E mi sono scoperto figlio legittimo del Po”. Mio padre invece, nato a Milano e cresciuto a Vigevano, era figlio legittimo del Ticino e scriveva:
E causa prima delle mie scappatelle fu, come è intuibile, il Ticino. Marinavo la scuola per andarvi. E quei cinque chilometri da Vigevano al fiume li percorrevo in un amen. Il Ticino era per me qualcosa di magico; la sua acqua allora era limpidissima, i barconi che andavano a caricare la ghiaia, i suoi grandi boschi lungo le rive mi affascinavano. E la prima navigazione avvenne su un barcone addetto al trasporto della ghiaia! Poi ci furono le barche dei pescatori, in special modo la barchetta sulla roggia della trattoria “Bell’Aria”.
Questo era il mare di mio padre che poi iniziò le fughe verso quello vero, a piedi e sui carri fino a Genova. Nel frattempo la famiglia si era trasferita a Torino e lui frequentò la Scuola Marinaretti, fino all’età utile per l’arruolamento in Marina Militare: La Spezia, il corso nocchieri a Pola, l’imbarco sull’Amerigo Vespucci.
Appena messo piede in coperta vi fu il perentorio ordine di “via le scarpe”… Furono mesi di crociera dura e anche spensierata, fino al famoso discorso, ascoltato ..una brutta sera, proprio mentre ero a terra in franchigia a Venezia, da un altoparlante posto fuori di un caffè, in mezzo a una moltitudine di gente….Era la guerra. E il mare non era quello sognato, ma era pur sempre il mare.
Da qui inizia la vita di sottocastello (la parte della nave dove sono alloggiati i marinai) con gli imbarchi sui cacciatorpediniere Dardo e Freccia dove era timoniere, sulla corazzata Vittorio Veneto e quindi le scorte ai convogli che trasportavano le truppe verso l’Africa ed infine, nel marzo 1943, la chiamata alla X Flottiglia Mas di La Spezia e il lungo addestramento a Livorno tra i sommozzatori del Gruppo Gamma.
19 agosto 1943. Anche oggi immersione in mare aperto, ancora con marcia di 1000 m sul fondo. In verità il fondo, questa volta, è più accidentato e anche la profondità media è maggiore: all’incirca 12 m. Ho percorso i 1000 m faticando molto a causa delle scogliere che ho dovuto superare.
Non mancano le descrizioni delle franchigie e delle licenze, per vedere una Torino irriconoscibile. 11 dicembre 1942…..Il mattino dopo faccio un giro per la città, osservando i danni causati dai bombardamenti. Sembra una città abbandonata, tanto è vuota e triste.
Il diario di mio padre si conclude il 10 settembre in maniera quasi comica con ….il trionfale ingresso in Accademia, proprio dall’ingresso principale, di un carro armato tedesco con una pattuglia a piedi comandata da un caporale, il quale ha chiesto la resa dell’Accademia e di tutti i distaccamenti, ottenendola senza colpo ferire. Poi per lui è venuta una seconda guerra, ancora più strana, combattuta senza divisa. E’ stato infatti partigiano, commissario di distaccamento nelle formazioni di “Giustizia e Libertà”, ideali a cui è rimasto fedele per tutta la vita. Ma questa è un’altra storia, che lui non ha mai voluto scrivere né raccontare.
In appendice, Alessandro Caldara racconta la cronistoria di due sue apparizioni alla trasmissione televisiva “Portobello” alla ricerca di un naufrago della motonave “Calitea”. La vicenda stupi e commosse il pubblico di allora.
Il libro è stato ristampato dalla Mursia nel 2009 in una nuova collana sulla Seconda guerra mondiale, in poche copie, in maniera praticamente clandestina e senza che sia riuscita a rintracciare noi figli. Lo scoprii io su internet e mi chiedo tuttora il motivo della nuova edizione. Non azzardo ipotesi, ma mi sovviene l’amarezza di mio padre quando il libro uscì, nel 1978, purgato di alcuni passaggi dalla supervisione di un ammiraglio in forza al Ministero della Difesa. Di certo quello aveva visto un’altra guerra, se l’aveva vista, non come un marinaio di sottocastello.
Ho voluto scrivere questa recensione proprio oggi, nel ventesimo anniversario della sua scomparsa.

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1 risposta a Ho riletto “Quelli di sottocastello” di Alessandro Caldara

  1. Andrea Basile scrive:

    Un saluto da Andrea Basile, figlio di Filippo Basile uno dei superstiti della Motononave Calitea che venne recuperato dal Freccia in uno dei tanti siluramenti.

    Venimmo a Torino a conoscere papà che avevo (credo) 12 anni ed ora ne ho 49, quindi era 37 anni fa.
    Ricordo ben poco del viaggio, ma ricordo l’emozione di mio padre.

    Storie di altri tempi che non devono essere dimenticate.

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