Ho letto “La controvita” di Philip Roth

Contorto, complicato, in certi momenti irritante, pirandelliano e proprio per questo anche intrigante. Non è la prima volta che i personaggi si ribellano al loro autore. Così è La controvita, in cui Philip Roth riparte dalla figura di Nathan Zuckerman, il suo alter ego di scrittore, già presente in quattro romanzi precedenti e che qui fa i conti con le possibili esistenze alternative per ciascun individuo.
“Il problema non consiste nell’o/o, nella scelta consapevole tra possibilità ugualmente difficili e incresciose: non è un o/o, ma un e/e/e/e/e e ancora e. La vita è composta di e: l’accidentale e l’immutabile, l’elusivo e l’afferrabile, il bizzarro e il prevedibile, l’attuale e il potenziale, tutte realtà che si moltiplicano, si aggrovigliano, si sovrappongono, entrano in collisione, si combinano tra loro… più il moltiplicarsi delle illusioni! Questo moltiplicato per questo, moltiplicato per questo, moltiplicato per questo…”. Recepito e metabolizzato questo assunto si può procedere con il romanzo, cercando di districarsi tra le innumerevoli chiavi di lettura e i diversi livelli narrativi.
Nella prima parte, Basilea, lo scrittore ebreo Nathan Zuckerman racconta di suo fratello Henry che, reso impotente dalle medicine per il cuore, affronta un’operazione difficile come unica alternativa per poter continuare nelle sue relazioni adulterine, in particolare con l’assistente di studio Wendy. Sebbene Nathan lo abbia sconsigliato, Henry non vuole rinunciare al sesso così presto (ha solo 39 anni) e rimane sotto i ferri del cardiochirurgo. Al suo funerale Nathan rinuncia al discorso funebre che si era preparato.
Era il tuo briciolo di vita teatrale, il tuo disordine, la tua bravata, il tuo rischio, la tua piccola insurrezione quotidiana contro tutte le tue asfissianti virtù: fare porcate con Wendy per venti minuti al giorno, poi a casa la sera per le soddisfazioni temporali dell’ordinaria vita famigliare.
La seconda parte, Giudea, vede invece Henry sopravvissuto all’operazione al cuore ma caduto in depressione e poi partito per Israele, per insediarsi in un villaggio della West Bank, dove studia l’ebraico presso un fanatico integralista. Nathan, sollecitato dalla cognata Carol e dai nipoti, vola in Israele alla ricerca del fratello, otto mesi dopo il by-pass, nel tentativo di riportarlo alla sua vita negli Stati Uniti. Seguono gli scontri dialettici tra i due fratelli e tra Nathan e gli abitanti di quella comunità. Poi lo scrittore torna in patria da solo, missione incompiuta!
Si sottopone a un terribile intervento chirurgico per ritrovare la potenza sessuale e il risultato è che diventa un ebreo a pieno titolo.
Nella terza parte, In volo, Nathan sta tornando in aereo e accanto a lui siede Jimmy, un giovane ebreo americano che aveva già incontrato a Gerusalemme davanti al Muro del Pianto e si era detto un suo devoto ammiratore. Il ragazzo, completamento pazzo, gli sta esponendo la sua intenzione di dirottare l’aereo o di farlo saltare in aria per mandare il suo farneticante messaggio agli ebrei di tutto il mondo perché si stabiliscano in Giudea. Jimmy viene ucciso dai servizi israeliani presenti a bordo e Nathan sottoposto a un umiliante interrogatorio e poi riportato a Tel Aviv.
La religione! Solo fanatismo, superstizioni, guerre e morte! Stupide sciocchezze medievali! Se demolissero tutte le chiese e tutte le sinagoghe per fare posto a più campi da golf, il mondo sarebbe un posto migliore!
Siamo alla quarta parte, Gloucestershire. Qui è Nathan a essere sofferente di cuore e a restare impotente per le medicine. Ha però una relazione, senza sesso, con la donna sposata che abita al piano di sopra. Si chiama Maria, è inglese e infelicemente maritata. Nathan è intrigato al punto di farsi operare, riprendere vigore sessuale, farla divorziare e stabilirsi con lei in Inghilterra.
Anche se non andiamo mai a letto insieme, tra noi c’è sempre stata una tensione sessuale che è essenziale. L’importante non è che al momento tu possa o non possa scopare. La virilità non ha a che fare solo con questo.
Sfortunatamente l’operazione va male e Nathan muore. Henry va al suo funerale ma non ha il coraggio di farne l’elogio funebre, affidato invece all’editor dello scrittore.
L’unico modo di fare un funerale è invitare tutte le persone che conoscevano il defunto e aspettare che accada l’incidente: uno che di punto in bianco arriva e dice la verità.
Dopo le esequie entra di nascosto nell’appartamento di Nathan, con il quale da tempo aveva interrotto i rapporti, per cercare i manoscritti del romanzo che stava scrivendo su di lui. Sono le tre parti precedenti che Nathan contava di pubblicare e che avrebbero messo in difficoltà Henry e la sua famiglia. Distrugge tutto, tranne una parte che non concerne lui e che diventa l’oggetto del capitolo quinto, Cristianità.
In questa parte, Nathan, felicemente sopravvissuto all’operazione cardiaca, è stato capace di ingravidare Maria, che ha sposato e con la quale si è trasferito in Inghilterra con Phoebe, la bambina avuta dal primo matrimonio dalla donna. La coppia ha acquistato e sta ristrutturando una bella dimora nella campagna inglese. Per il momento vivono in casa della vecchia madre di Maria, con le sue due sorelle. Poco alla volta emerge uno strisciante antisemitismo della famiglia e della componente più benestante della società inglese. Le incomprensioni tra Nathan e Maria, mai emerse negli Stati Uniti, si ingigantiscono.
Maria descrisse la famiglia come “assolutamente pazzesca: una vita passata a bere e ad annoiarsi, piena di enormi pregiudizi velati dalla buona educazione e da insulse chiacchiere”; l’antisemitismo era solo uno degli stupidi atteggiamenti…
L’ebraismo sopito dello scrittore, la cui famiglia non è mai stata eccessivamente praticante e che pure ha già avuto altre tre mogli gentili, si risveglia e Nathan diventa fieramente combattivo. Il matrimonio naufraga e termina con uno scambio di lettere tra i due. Maria rinfaccia a Nathan di non distinguere la vita reale da quella che descrive nei suoi libri, in cui parla proprio di ciò che lo circonda. Nathan risponde che loro sono la somma delle controvite che essi stessi si sono inventati per gli altri e riflette sulla circoncisione (o il battesimo?) a cui il loro figlio avrebbe dovuto essere sottoposto.
Credo che nel contesto delle nostre avventure – e di quelle di Henry – sia appropriato concludere con la mia erezione…
D’altra parte fin dall’esilarante Lamento di Portnoy (1969) il ca… è sempre stato il principale argomento letterario di Philip Roth.

 

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