Ho letto “Diari della bicicletta” di David Byrne

In bicicletta, trovandosi appena al di sopra dei pedoni e degli automobilisti, si gode di una visuale perfetta su quel che accade nella propria città.
Fan da sempre di David Byrne, fin dai tempi dei Talking Heads, mi sono avvicinato a questo libro un paio di anni fa, salvo poi lasciarlo e riprenderlo in queste settimane. Dico subito che la bicicletta è un pretesto. Byrne afferma che il modo migliore per conoscere una città è pedalare su una due ruote. Come dargli torto. La bicicletta consente di avvicinarsi e vedere le cose da una prospettiva che nessun altro mezzo può dare. Per lui è il mezzo di trasporto prediletto. Viaggia, gira il mondo, tiene concerti ovunque e dappertutto si porta dietro un secondo bagaglio con una bicicletta smontata che poi assembla nelle camere d’albergo prima di concedersi grandi pedalate nella città in cui si trova. Dicevo che è un pretesto, perché nel libro di bici si parla poco e molto di città, sotto tanti punti di vista: urbanistico, sociologico, artistico, ecologico, ovviamente musicale. Byrne è un ambientalista convinto e le sue osservazioni sul mondo postindustriale sono molto acute. Oltre ad essere uno dei più grandi musicisti dell’ultimo quarto del secolo scorso (ma lo è ancora oggi, per la gioia dei suoi numerosi ammiratori), dimostra anche di essere un fine intellettuale.
Il volume è suddiviso in capitoli che portano il nome di luoghi visitati. Si comincia dalle città americane, quelle di provincia, quelle abbandonate dall’economia.
Dove sono le città un tempo grandi che adesso vengono progressivamente abbandonate e si stanno lentamente sgretolando, lasciando tracce che gli uomini del futuro riporteranno alla luce tra mille anni?
Baltimora, Columbus ...le morbide curve dei vialetti messe in risalto dai cordoli bianchi celano crimini di una violenza perversa…, Sweetwater, Niagara, Rochester, Detroit …pedalare qui per ore è stata un’esperienza viscerale e straziante – come potrebbe esserlo contemplare delle antiche rovine, New Orleans ...la I-10, sui suoi possenti piloni di cemento, che serpeggia nel centro della città, sforzandosi disperatamente di ergersi sopra lo squallore e l’umanità sottostanti, Pittsburgh …la situazione della città è disastrosa, soprattutto dopo la costruzione di due stadi mirabolanti l’uno accanto all’altro.
Come si può vedere Byrne non le manda a dire e chiama in causa direttamente la politica. Ma la rinascita delle città può arrivare dall’arte. Nelle zone in cui si trasferiscono gli artisti le città rifioriscono, nascono opportunità per molti. Cita in positivo Portland, Seattle Chicago, Minneapolis, oggi vivaci e piene di vita.
In genere il musicista salva l’Europa. E’ facile parlare d’arte, musica, urbanistica a Berlino, la capitale culturale d’Europa, anche dovendo fare i conti con il passato nazista e il grigio periodo della Stasi.
Poi smonta facili luoghi comuni, ad esempio la difficoltà di andare in bici a Istanbul che ha uno dei peggiori traffici del mondo. Sospetta di essere l’unico a girare sulle due ruote, questione di status sociale: in molti paesi la bicicletta è sinonimo di povertà.
Nonostante la pianta a reticolo – perfetta per spostarsi in bicicletta – a Buenos Aires avrei potuto contare sulla punta delle dita i locali in bici. …Andarsene in bicicletta da queste parti è così da sfigati che persino i fattorini trovano un altro modo per spostarsi?
Buenos Aires è anche il contesto in cui intrecciare le sue sonorità con la tradizione argentina di Mercedes Sosa e altri.
E così via. David Byrne racconta di Manila (qui rifà la storia dei Marcos e degli Aquino), Sydney (l’Australia è piena di spiacevoli memento dell’indifferenza della natura per gli esseri umani), Londra, San Francisco, New York descrivendo ciò che vede, musei, luoghi di ritrovo, monumenti, pezzi di storia locale, sempre dall’alto del sellino.
Per lui vale la lezione del grande W. G. Sebald con Gli anelli di Saturno. Le sue escursioni in bicicletta (per Sebald erano le passeggiate) diventano il fil rouge per collegare pensieri, aneddoti, brandelli di storia, riflessioni contro l’auto tiranna e il sistema delle superstrade.
David Byrne chiude con riflessioni sul futuro della bici nelle città e con alcuni divertenti consigli per la sicurezza dei ciclisti in città e in viaggio.
Il motivo per cui uso ovunque la bicicletta non è che si tratta di un comportamento ecologico e etico. Lo faccio soprattutto per l’euforia e il senso di libertà che suscita in me.

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