Ho visto “L’ultimo lupo” di Jean-Jacques Annaud

C’è tanta gente che non sopporta di vedere film in cui gli animali soffrono o peggio ancora vengono massacrati. Pur sapendo che si tratta di una finzione. In questi film assumono un’importanza preponderante gli addestratori degli animali/attori che qui sono stati utilizzati a dozzine. D’altra parte il regista francese Jean-Jacques Annaud aveva già saputo dimostrare grande sensibilità nell’accostarsi alle tematiche degli animali con film-cult come L’orso (1988) e Due fratelli (2004). Quindi archiviate le premesse animaliste non resta che guardare il film, ambientato nella Cina della rivoluzione culturale. E’ il 1967 quando un giovane studente viene inviato da Pechino tra le tribù della Mongolia interna: vitto e alloggio in cambio dell’insegnamento ai bambini nomadi. Chen Zhen, il suo nome, è affascinato da quella comunità che vive con sistemi arcaici, in particolare viene soggiogato dai lupi e da cosa rappresentano per la popolazione. Gli accade di salvare un cucciolo di lupo e di volerlo allevare di nascosto per osservarne i comportamenti. Quando viene scoperto si batte con tutte le forze per continuare a tenerlo nonostante il divieto degli anziani. Una scelta che risulterà contraria al buon senso e alle leggi della natura e che risulterà catastrofica.
Hanno un atteggiamento di odio-amore le tribù mongole nei confronti dei lupi. Rispettano il lupo per la sua intelligenza e sanno che la sua presenza in quelle terre contribuisce a mantenere in equilibrio la natura. Ne è un esempio il fatto che i lupi spingano una mandria di cavalli verso un lago che sta per gelare e lì rimanga intrappolata. Una sorta di congelatore naturale da cui in seguito i lupi attingeranno la carne per sfamarsi. Ma gli uomini venuti dalle città fanno razzia proprio di quelle carcasse, anche loro in fondo devono mangiare. Così a primavera i lupi rimarranno senza sostentamento e dovranno predare l’uomo. Un equilibrio che si è rotto con l’arrivo di nuovi insediamenti umani in ossequio alla rivoluzione culturale di Mao. Anche il gesto di Chen Zhen è contro quell’equilibrio, ha allevato un lupo “facendo di un dio uno schiavo”.
Nell’alternarsi delle stagioni i paesaggi sono spettacolari, le scene con gli animali grandiose. Tratto dal romanzo autobiografico di Jiang Rong, Il totem del lupo, best-seller da venti milioni di copie in Cina, il film di Annaud rappresenta un altro tassello importante nella filmografia del regista francese.

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