Ho letto “nulla, solo la notte” di John Williams

Una forza oscura e innominabile l’aveva sempre spinto da un posto all’altro, lungo sentieri che non aveva intenzione di percorrere, oltre porte che non conosceva né desiderava conoscere.
E’ l’opera prima di John Williams, l’autore dell’acclamato Stoner (1965), pubblicata nel 1948. Una giornata estiva di Arthur Maxley, un eterno ragazzo costantemente allo sbando. Solitario e attaccabrighe, Arthur ha il problema di come passare le giornate. Bighellona tra un parco e un caffè, spesso indugiando nell’alcol. Dopo aver abbandonato gli studi, vive a San Francisco grazie a un appannaggio del padre, importante uomo d’affari sempre in giro per il mondo. Quel mattino riceve un messaggio dal genitore, di passaggio in città, che vorrebbe vederlo per cena. Le sue frequentazioni non sono migliori di lui, l’amico Stafford Long ad esempio. Un fallito che gli chiede soldi per comprare una macchina tipografica, trasferirsi a Carmel e stampare poesie. Sogni, allucinazioni, deliri, poi l’incontro con il padre finisce nel peggiore dei modi. All’origine c’è un trauma infantile mai superato, la tragica fine della madre. Quando Arthur gli comunica che vorrebbe tornare al college, l’interesse del padre per aiutarlo si fa pressante e allora il ragazzo preferisce ritrarsi.
La sua mente rifiutava anche la semplice eventualità di riflettere su quella proposta. Era così inedita, così inattesa. Si aspettava uno schock, si aspettava che gli oscuri mostri della sua memoria tornassero ad aggredirlo, feroci e insaziabili.
La giornata di Arthur finisce con un incontro – molto alcolico – con una donna, una disperata come lui. Due esseri allo sbando che sembrano essersi trovati, avere qualcosa in comune. Ma anche in questo caso il rapporto si interrompe per i fantasmi e le paranoie che popolano la sua testa. La ragazza se lo porta a casa, ma lui si mostra violento e viene scacciato e malmenato. Finisce ferito e barcollante sulla strada.
Chi è solo nel deserto resta comunque consapevole del proprio peso, per quanto minimo, e della relazione che mantiene con lo spazio circostante. Ma chi è isolato in mezzo a uno sciame di gente perde coscienza di se stesso come individuo.
Arthur è un ragazzo senza presente e senza futuro che indugia molto nei ricordi felici dell’infanzia. Il mondo gli va di traverso e lui è destinato a rimanere solo, alla deriva in mezzo a tanti corpi estranei. E’ stato paragonato all’Arturo Bandini di John Fante. A me sembra una figura tipica della letteratura americana (e del cinema) degli anni del dopoguerra.
nulla, solo la notte è  stato pubblicato da Fazi Editore nel 2014, come pure Butcher’s Crossing (2013) sull’onda della riscoperta e del successo di Stoner (2012).

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