Ho letto “Nessuno è innocente” di Roberta De Falco

Questo umore nero, tendente al pessimismo, sarebbe stato perfetto per una persona che, nella vita, avesse voluto fare lo scrittore, il pensatore, il filosofo, ma per un commissario di polizia come Benussi non era certo il massimo.
Una lettura estiva per provare il poliziesco alla triestina con il burbero commissario Ettore Benussi creato dalla fantasia di Roberta De Falco. E Trieste, con i suoi luoghi – al Molo Audace il ritrovamento del cadavere di una donna – ma soprattutto con le sue atmosfere sempre ‘di confine’ è città che ben si adatta a ‘ospitare’ storie di questo genere.
Benussi lasciò cadere il lenzuolo non senza aver notato il taglio perfetto del tailleur di lino azzurro in stile tirolese, i due fili di perle intorno al collo e i due anelli – una semplice fede di rubino e un sigillo d’oro massiccio – entrambi infilati all’anulare sinistro, l’unico non deformato dall’artrosi.
Un’agiata donna anziana dunque, riconosciuta per i monili che indossava, la novantenne Ursula Cohen, che viveva sola in una grande villa padronale pur se aiutata da una badante brasiliana e un giardiniere-autista alcolizzato. Un incidente, secondo il commissario, la donna è scivolata sul molo, ha battuto la testa ed è finita in acqua. Elettra Morin e Valerio Gargiulo, i due ispettori che lo coadiuvano nelle indagini, non ne sono convinti. Meglio indagare a fondo nell’entourage della donna in attesa dell’autopsia. Un nipote scapestrato e separato, la sua ex moglie, l’amante russa, un pescivendolo dalla famiglia scombinata che aveva acquistato la nuda proprietà della villa all’insaputa degli eredi legittimi di Ursula. Tutti sempre assetati di soldi e in qualche modo interessati ad anticipare la dipartita di Ursula che nel frattempo, viene rivelato, ha preso sì una botta in testa, poi è stata strangolata e quindi spinta in acqua.
I segreti più reconditi della novantenne Ursula Flores vedova Cohen sono ben custoditi dalla coetanea Renate Stein, quasi un clone della defunta. Magra, di una sobria eleganza dal vago sapore austroungarico…. Si tratta di segreti molto drammatici, la deportazione, Auschwitz, la fame, le sevizie e non solo.
Dal canto suo Benussi ha le sue grane familiari, una moglie assente, da sempre impegnata nel volontariato in un centro di recupero per tossici, e una figlia ribelle e borderline, non certo il massimo per un poliziotto che deve a volte intervenire per toglierle le castagne dal fuoco. Il povero commissario è anche molto sovrappeso e tenta invano di dimagrire.
Benussi era ormai al quinto giorno di dieta Dukan e la volontà cominciava a vacillare. Salendo le scale del procuratore, sentì che la testa gli girava e l’alito era diventato pesante. Tipo interessante questo Benussi, ha le sue manie, come le abbiamo tutti, odia certi stereotipi dell’era moderna, le telefonate concluse con un ciao-ciaociao-ciaociaociao, i tatuaggi, gli antiestetici pinocchietti, le infradito calzate in città, la sciatteria di un Paese che una volta era famoso in tutto il mondo per la moda, l’inarrestabile laidore della specie umana. Penso che leggerò anche le storie successive, che al momento costituiscono una trilogia.
Quanto all’inchiesta, davvero in quella storia sembravano non esserci innocenti. E se qualcuno si era fatto progetti strani ci pensa il notaio all’apertura del testamento a riportare le cose a posto secondo il volere della vecchia.
E poi c’è Trieste, come cantava Teddy Reno: Trieste mia, che nostalgia, mi gò lontan de ti... Oppure Lelio Luttazzi: Sono andato a Servola, sono andato a Scorcola, sono andato a Barcola e go visto il mio mar.
Roberta De Falco è lo pseudonimo con il quale Roberta Mazzoni, sceneggiatrice per il cinema e la televisione, firma le storie del commissario Benussi.

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