“Abbandonare un gatto”, Haruki Murakami ricorda il padre

…per caso mi sono ricordato che una volta, da bambino, ero andato ad abbandonare un gatto su una spiaggia; ho cominciato a scrivere da lì...
Sinceramente mi aspettavo di leggere una storia sul gatto oppure un manuale su come disfarsi dei felini divenuti scomodi a casa. Invece è un libercolo di sole 88 pagine (ci sarebbe da riflettere sul fatto che Einaudi lo fa pagare 15 euro, roba da ritrarsi inorriditi…) in cui Murakami fa i conti con suo padre dopo un distacco durato oltre vent’anni. Questa volta avrei quasi litigato con lo scrittore giapponese se non avessi letto sue cose molto più interessanti e intriganti! Ultima lettura, i deliziosi racconti contenuti in Prima persona singolare (Einaudi, 2021).
Murakami questa volta si esercita con la sua famiglia e in particolare con il padre. Il gatto in questione appare all’inizio quando, dopo averlo abbandonato sulla spiaggia, lo ritrovano tranquillo a casa. La furbizia dei felini…
Il ricordo di quell’episodio è la madeleine che ne fa scaturire altri. In realtà era da diversi anni che Haruki voleva scrivere qualcosa su suo padre, Murakami Chiaki. Ha iniziato a interessarsene veramente soltanto dopo la sua morte, avvenuta nel 2008 a novant’anni. Capita a molti di non aver fatto le domande giuste quando i genitori erano in vita. Dopo è troppo tardi. Lui avrebbe voluto chiedergli qualcosa sulla sua attività militare. Ad esempio se aveva preso parte al massacro di Nanchino nel 1937, all’inizio della guerra sino-giapponese. Fu una delle pagine più bestiali della storia dell’umanità con trecentomila cinesi massacrati quasi per divertimento. Una ricostruzione a posteriori dello stato di servizio del padre avrebbe escluso, se non altro, la partecipazione a quell’episodio, con grande sollievo di Haruki. Murakami Chiaki salvò la pelle e si congedò nel 1944 a guerra in corso. Il peggio per il Giappone doveva ancora venire. Fu un ufficiale a rispedirlo a casa, dove si iscrisse all’università imperiale di Kyōto, salvo poi essere richiamato nel 1945. Era un grande appassionato di haiku che componeva assiduamente.
I rapporti tra i due si sono interrotti quando Murakami aveva trent’anni ed era già uno scrittore di successo: Non ho intenzione di dilungarmi su questi attriti tra padre e figlio – rischierei di andare per le lunghe e di fare un discorso troppo intimo -, basterà l’avervi accennato. Solo negli ultimi giorni di vita, al capezzale del padre, si è riaperto un dialogo impacciato e i due sono arrivati a qualcosa di simile a una riconciliazione.
Raccontando la vita del padre e le ricerche postume che aveva fatto, Murakami Haruki ha compiuto un atto d’amore nei suoi confronti. Il messaggio che ci vuole lasciare è che tutto è sempre frutto del caso e che noi esseri umani consideriamo sempre un destino eventi che dipendono solo dal caso.
Comunque sia, quello che volevo dire con questo testo è una cosa sola: sono il figlio qualunque di un uomo qualunque.
Abbandonare un gatto è anche, e forse soprattutto, un libro illustrato, grazie ai colorati disegni di Emiliano Ponzi, artista visuale tra i più apprezzati al mondo. Le sue illustrazioni danno un senso a tutto il libro.

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