“Cafè Royal” di Marco Balzano, storie da bar al tempo della pandemia

Ecco via Marghera. Nemmeno questa strada cambia mai, sempre stretta ed elegante. Si porta il tempo con un’ironia scanzonata.
Ci sono molte mascherine e tanto disinfettante per le mani in questo libro, perché Marco Balzano lo ha ambientato durante il periodo del covid, non nel lockdown perché tutti sono liberi di muoversi però facendo ancora attenzione. Si tratta di microstorie, brevi capitoli, ciascuno su una persona, che poi si intrecciano fra loro dando vita a nuove situazioni. Così scorrono le vicende di Veronica Federico Gabriele Betti Noemi Luca  Serena Barbara Lisa Carlotta Michele Roberto Ahmed… e ancora. Come in quei film in cui la trama verte su un oggetto che passa di mano in mano, legando tra loro persone che non si conoscono. Ad esempio il film di Soldini L’aria serena dell’ovest (1990), anche qui c’è Milano,  o il capolavoro del regista franco-georgiano Otar Ioseliani I favoriti della luna (1985). Nel primo caso tutto ruotava attorno a un’agendina, nel secondo a un servizio di piatti di Sèvres.
Marco Balzano invece colloca le storie nelle poche centinaia di metri di una vivace strada di Milano, via Marghera, il cui fulcro è il Café Royal. Li passano un po’ tutti: manager. commercianti, operai, gay, coppie sposate, madri e figlie, amiche, disoccupati, fedifraghi, amanti, ci sono anche un parroco e una povera ragazza drogata che vive tra i cartoni accumulati di fianco a un supermercato. Insomma, umanità varia in salsa digitale. “Ognuno ha la sua storia, tante facce nella memoria” cantava Gabriella Ferri. E qui storie ce ne sono molte.
ManuelAppena fidanzati facevamo un gioco: siccome lei è freddolosa la portavo su una banchina della stazione di Vimodrone, dove non si ferma mai un treno. Aspettavamo che ne passasse uno e quando sfrecciava di fianco ci abbracciavamo stretti.
Alcune storie sono descritte dal narratore, altre raccontate in prima persona dai protagonisti, per altre ancora Marco Balzano ha scelto la forma epistolare.
Carlotta. Ma sta’ tranquillo, non ti spedisco questa mail per litigare. Ti scrivo perché non ti fai mai sentire e un po’ mi stai sulle palle e un po’ mi manchi.
È un gioco un po’ voyeuristico quello dell’autore di Io resto qui e Quando tornerò, peraltro apprezzatissimi e molto diversi da Café Royal. Ci introduce nelle vite degli altri e ci lascia guardare nelle loro case. Ci sono anche storie sull’asse Milano-Torino, incontri di lavoro o appuntamenti clandestini.
Serena, signora di mezza età, patisce il confronto con la figlia Noemi, sempre più bella e indipendente, e allora si traveste da giovincella, esce con le amiche e la spia dal bar di fronte. Giuliano parroco provvisorio di quel quartiere sogna di tornare da missionario in Africa e intanto aiuta la quasi barbona drogata. Il cielo dell’Africa sembra un soffitto, stendi il braccio, ti alzi sulle punte e lo tocchi. Sogno di continuo l’odore del fango cotto, della paglia setacciata, quello di terra e sudore dei bambini. Divertente il gay che si traveste da addetto dell’energia elettrica per entrare in un appartamento della casa di fronte dove vive un giovane rampante sul quale si è fatto delle idee. C’è la storia dell’anziana Betti, i cui figli che vivono lontano hanno sistemato nell’appartamento una telecamera per sorvegliarla e lei si sente oppressa.
FedericoSempre più spesso penso a mia moglie come a un cane che deve addentare un osso. Se non addenterà l’osso, addenterà me.
In conclusione, un romanzo corale che scivola via in fretta e si fa apprezzare per la leggerezza. La pandemia, in cui si è creato come un tempo sospeso, ha aiutato a creare nuovi amori, a cancellarne altri, a far nascere e chiudere amicizie.

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