“La strada per Chevreuse” di Patrick Modiano, tra ombre e fantasmi del passato

In passato un professore di filosofia gli aveva rivelato che i diversi periodi della vita – infanzia, adolescenza, età adulta, vecchiaia – corrispondono anche a varie morti consecutive. Lo stesso accadeva con i frammenti di ricordi.
Romanzo strano, singolare, come lo era già stato il precedente Inchiostro simpatico (Einaudi, 2021), sempre sospeso tra memoria e oblio. Ma qui l’atmosfera è ancora più rarefatta. Al protagonista Jean Bosmans torna in mente una parola che gli evoca tante cose. Chevreuse. Un piccolo comune nella regione dell’Île-de-France da cui prende il nome una valle, non lontano da Parigi. Oggi ospita un importante polo scientifico. Negli anni sessanta Jean vi aveva trascorso la giovinezza. Dopo oltre cinquant’anni gli riaffiorano alla mente suoni e immagini di quel periodo. Si appunta quei ricordi e cerca di ripercorrere e di ricostruire il suo passato. In particolare, c’è una donna, Camille, che a quel tempo si faceva chiamare «Teschio». Gli aveva fornito un numero telefonico di sole quattro cifre – allora la rete non era molto sviluppata – al quale rispondevano voci oscure, come appartenenti all’oltretomba. Fatti di oggi e di allora si mescolano in una indistinta sequenza. Camille lo aveva portato in un appartamento di Auteuil, di giorno un edificio rispettabile ma di sera animato da inquietanti presenze, gente poco raccomandabile, dove si svolgevano pratiche indicibili. Jean ricorda poco, solo che forse in quella casa aveva trascorso una parte dell’infanzia. Nella sua memoria ora spazi e avvenimenti si confondono.
«Apparteniamo alla nostra infanzia così come apparteniamo a un paese», tuttavia occorre precisare a quale infanzia e a quale paese.
Anche qui, come già in Inchiostro simpatico, compare un’agendina in grado – o forse no – di chiarire i fatti accaduti allora. Foderata di pelle verde, conteneva ben pochi appunti, alcune date, appuntamenti, giorni e ore ma non l’anno di riferimento. Era appartenuta a un certo Guy Vincent, un poco di buono, che Bosmans aveva conosciuto durante l’infanzia. Proprio in quella casa di Auteuil aveva assistito a qualcosa di particolare. Guy Vincent vi aveva nascosto un tesoro e cinquant’anni dopo i suoi complici, come fantasmi, venivano a cercare Jean per farsi indicare il nascondiglio.
Ma le persone che hanno bisogno della tua testimonianza, vanno alla ricerca del tempo perduto per ragioni diverse dalle tue. Tra te e quegli imbecilli è nato un malinteso… anche se sia tu sia loro state seguendo le stesse piste del passato.
I piani temporali in cui si svolge la storia sono diversi, appare invece chiaro che Jean Bosmans sta scrivendo un libro su quelle vicende. Sì, c’è stato un tempo in cui era stato inseguito per le strade di Parigi, per la valle di Chevreuse e fino in Costa Azzurra, ma quelle figure sono scomparse, lasciando solo tracce mezzo cancellate nel suo libro.
Memoria e oblio occupano uno spazio importante nella produzione letteraria di Patrick Modiano che, ricordiamo, è francese ma di famiglia di origine ebreo-italiana. Nella motivazione del premio Nobel per la Letteratura 2014 l’Accademia Reale Svedese spiega che gli è stato assegnato ‘per l’arte della memoria con la quale ha evocato i destini umani più inafferrabili e svelato la vita reale durante l’Occupazione’. È anche documentarista e sceneggiatore. Di suo c’è molto da leggere.

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