Ho letto “Ritratti in jazz” di Murakami Haruki e Wada Makoto

Il libro è del 2013, ma i testi sono stati scritti da Murakami nel 1997 e nel 2001 in occasione di due volumi pubblicati in Giappone e poi riuniti nel 2004 in una edizione tascabile. Allo scrittore era stato chiesto di commentare una serie di illustrazioni realizzate dall’artista Wada Makoto. Si tratta di splendidi disegni colorati e divertenti, senza però scadere nel caricaturale, di grandi musicisti jazz, ognuno ritratto con il suo strumento o con il microfono, nel caso dei cantanti. Murakami, che un tempo ha gestito un jazz club prima di dedicarsi a tempo pieno alla scrittura, ha scritto i brevi testi avendo di fronte il disegno del jazzista e soprattutto ascoltando le relative incisioni prese dalla sua sterminata collezioni di lp in vinile. Lo immagino mentre lavora in questo modo. Io stesso ho letto Ritratti in jazz avendo a fianco il tablet da cui ascoltavo con l’aiuto di Spotify il disco a cui Murakami faceva riferimento in ogni capitolo: un’esperienza molto interessante!
Così è stato un appassionante ripasso di musica e di storie dei musicisti. Piccole storie perché ogni jazzista – in tutto sono 55 – è accompagnato solo da una pagina e mezza in cui l’autore disserta sulle sensazioni che quella musica ha prodotto su di lui. Paradossalmente, per essere un volume di divulgazione, è un libro molto intimo. Ce lo spiega lo stesso Murakami: …di solito trovo faticoso scrivere di jazz. Perché è qualcosa di troppo intimo, e quando inizio a pensare a cosa posso dire, a fin dove posso spingermi… insomma, il mio stato d’animo a poco a poco si incupisce.
Il volume si apre con Chet Baker e si chiude con Gil Evans passando per Benny Goodman, Dizzy Gillespie, Duke Ellington, Miles Davis, Charlie Parker, Ella Fitzgerald… Alcuni non li avevo mai sentiti (ignoranza personale, ma c’è sempre da imparare…). Quasi tutti quelli selezionati sono ormai defunti, o comunque vecchissimi, ma quello che emerge, potendoli leggere tutti insieme, è che l’uso di droghe e di alcol ne ha condizionato e stroncato anzitempo l’esistenza.
Dice di Chet Baker: …assomigliava a James Dean. Gli assomigliava nei tratti del viso, ma anche nella natura carismatica e al tempo stesso distruttiva dell’esistenza.
Oppure di Stan Getz: Aveva un ego grande come una casa, l’animo corroso da eroina e alcol, e fin da quando fu in grado di ragionare condusse un’esistenza delirante, senza mai conoscere periodi di sicurezza o di calma.
E ancora su Bix Beiderbecke: …morì a soli ventotto anni dopo una vita turbolenta. Il suono di quel giovane cornettista bianco, di quel gran bevitore leggendario e autodistruttivo, mi conquistò il cuore in un baleno.
Ma non sembri questo un libro di necrologi musicali, perché le considerazioni di Murakami sulla musica e sulle incisioni sono competenti e puntuali. Così come lo sono le circostanze e gli stati d’animo provati quando ha potuto ascoltare questi musicisti dal vivo.
Di Cannonball Adderley scrive: …trapela dai margini di questa musica qualcosa di umano e quasi commovente. Qualcosa di quieto, ma fresco e succoso. Di Duke Ellington: …una vena musicale di un’abbondanza miracolosa. Mentre la musica di Count Basie, per quanto lo permettano le circostanze, è necessario ascoltarla a tutto volume.
Murakami Haruki ci racconta anche di nottate giovanili passate a bere birre o whisky (anche gin e vodka) in “bar à jazz” ascoltando musiche selezionate. Ci sembra quasi di essere con lui e ci viene voglia di ascoltare anche noi gli stessi dischi. Che poi sono gli stessi, credo, abbondantemente citati nei suoi romanzi in cui si ricrea un’atmosfera inconfondibilmente ‘murakamiana’. E se uno volesse ci sarebbe di che fabbricarsi una bella compilation grazie alla colonna sonora citata in appendice.
E’ più frequente che la loro musica brilli per un breve periodo nel corso di una vita piena di difficoltà. Così l’incerto e fuggitivo bagliore di tante stelle cadenti si mescola alla luce di qualche stella fissa, questo è l’affascinante scenario che emerge dal mondo del jazz.
Basta, smetto, perché altrimenti comincio con i ricordi personali  e questo potrebbe anche non interessare. Credo che gli appassionati di jazz abbiano questo volume nelle loro librerie e anche i cultori italiani di Murakami (che sono tantissimi). Agli altri dico: leggetelo, sarà una piacevole sorpresa.

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