Ho letto “Sotto la città” di Arnaldur Indriđason

Gli venne in mente una frase che aveva letto in un libro: i collezionisti si creano un mondo tutto loro. Costruiscono un piccolo universo intorno a sé, scelgono alcuni simboli della realtà e li trasformano negli elementi essenziali della loro realtà personale.
Finalmente sono arrivato all’origine della serie dell’agente Erlendur Sveinsson, il Wallander islandese. E’ il primo romanzo, in ordine cronologico, tra quelli tradotti in italiano (due antecedenti a questo che è del 2000 non sono mai usciti in Italia). Naturalmente ogni inchiesta è a sé stante e può essere letta in ordine sparso. Sono le vicende personali di Erlendur che invece evolvono di romanzo in romanzo e quindi se si decide di seguire tutta la saga conviene partire da Sotto la città, che ho trovato tra i più appassionanti.
Il ritrovamento in casa di un anziano autotrasportatore con il cranio sfondato apre delle finestre inquietanti sul suo passato e su vicende di trent’anni prima. Pare che il vecchio Holberg fosse uno stupratore incallito e avesse disseminato figli mai riconosciuti. Erlendur parte da qui e con la solita testardaggine – a volte scontrandosi con i colleghi Sigurdur Oli e Elinborg circa la piega da dare alle indagini – va a rispolverare vecchi casi irrisolti e a riaprire dolorose ferite in alcune persone. La soluzione del delitto sta nella ‘Città dei baratttoli’, l’insieme dei reperti umani conservati a scopi scientifici nei sotterranei della facoltà di Medicina e in alcuni casi perfino nelle abitazioni di qualche professore. Holberg si rivela essere stato il portatore sano di una terribile malattia genetica presente solo in alcune famiglie islandesi che un centro di ricerche ha iniziato a mappare.
Intanto la vita da cinquantenne divorziato, depresso e trasandato, di Erlendur continua nel solito grigiore. Compare la figlia Eva Lind, tossica senza speranza e pure incinta, e tra i due è un continuo gioco al massacro. Facciamo anche la conoscenza con Marion Briem, l’ex capo – ormai in pensione – di Erlendur. Ogni tanto si sentono e la donna gli fornisce interessanti spunti investigativi. Come quello di scavare, in senso letterale, nell’abitazione dell’ucciso.
Astenersi i deboli di stomaco!
Erlendur era già stato altre volte all’obitorio e si sentiva sempre male allo stesso modo. L’odore di morte gli riempiva i sensi e impregnava gli abiti, l’odore di formaldeide e degli agenti sterilizzanti e la puzza terribile di cadaveri aperti.

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