Ho visto “They” di Anahita Ghazvinizadeh – 35° TFF, in concorso

Lungometraggio d’esordio di una giovane regista iraniana di nascita ma di formazione cinematografica statunitense. Anahita Ghazvinizadeh è fortemente interessata alle tematiche giovanili e con delicatezza affronta argomenti complessi. Come la crisi di identità, psichica e fisica, di un adolescente che non sa decidersi rispetto a un futuro da uomo o donna. J. fin dalle elementari oscilla tra l’uno e l’altra, a seconda delle giornate. Con lui/lei in famiglia si è scelto di adottare un neutrale loro, il  They del titolo che consente l’indeterminatezza di genere, di non orientare né ferire.
J. ha la fortuna di avere una famiglia che lo comprende e lo aiuta. I genitori decidono di affidarlo a un medico per sottoporlo a cure di ormoni che ne ritardano la pubertà in modo da lasciargli più tempo per decidere chi vuole essere. La cura ormai deve essere interrotta perché un valore delle ossa si è fatto preoccupante. La telefonata del medico è giunta inaspettata, alla vigilia di un weekend in cui i genitori sono lontani e J. è a casa con la sorella Lauren e il futuro cognato Araz, un iraniano. Ora ha solo due giorni per decidere. Intanto si prende cura della serra di casa e di un micio rosso che ogni tanto compare. J. sa tutto sulle piante e sulla loro crescita, una metafora della sua situazione, è sensibile nei confronti della natura, la terra, i vegetali. Trascorre gli ultimi due giorni prima del rientro dei genitori seguendo la sorella e il fidanzato nelle loro faccende, compresa la visita alla famiglia di lui. E’ una parte del film, un po’ insistita, parlata in farsi, comprensibile data l’origine della regista, ma che serve a far vedere J. in relazione con gli estranei. Ma ormai il tempo stringe e J. deve decidere in quale corpo vuole crescere perché la pubertà non può essere posposta oltre. La sua è una scelta esclusivamente personale. Tornano i genitori e accompagnano J. a un concorso di poesia. Quella che ha scritto è molto struggente.
Tema complesso, e sempre più attuale visto il dibattito sulle identità di genere, trattato e risolto dalla regista con grande semplicità e delicatezza. Un buon esordio e una cineasta da seguire in altre prove.

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