Il viaggio di Georges Simenon nell’Europa del 33

Dopo dieci anni di miseria c’è una borghesia della miseria e perfino un’aristocrazia della miseria.
Il Simenon giornalista che non ti aspetti. Quando nel 1933 ha intrapreso questo viaggio per l’Europa, era già un affermato scrittore. Con questo reportage per la rivista settimanale
Voilà, fondata da Gaston Gallimard nel 1931, voleva documentare lo stato del continente, non ancora assestato dopo gli sconvolgimenti della prima guerra mondiale e del tutto ignaro che il peggio doveva ancora arrivare. Le varie puntate del reportage erano corredate da suoi scatti fotografici. Simenon guarda, osserva, soprattutto ascolta e compara paese per paese. ...ogni piccolo paese coltiva nel suo intimo un patriottismo esacerbato, di cui i grandi paesi non hanno la minima idea. E tale patriottismo si traduce in orgoglio e al tempo stesso in suscettibilità.
Il suo Belgio è il primo oggetto delle sue attenzioni, Bruxelles, Charleroi, Namur, Anversa. Poi si sposta a est. È l’Europa delle frontiere, dei passaporti e dei visti. C’è tanta ostilità per il vicino. Va a Vilnius dove odiano i polacchi, e i russi e gli ebrei. Fa rabbrividire leggere che  ...gli ucraini, di tanto in tanto, sentono il bisogno di farsi ammazzare per pura e semplice protesta.
La Romania, l’Ungheria, la Cecoslovacchia, il diritto dei popoli all’autodeterminazione, il ritorno, l’Austria, la Baviera, i treni wagon-lits, l’Italia, la Svizzera, i ristoranti con orchestra dove si balla, i Grand Hotel, il bolscevismo, il capitalismo, la politica internazionale, Ginevra. Quali sono le cose che contano? La cultura? I soldi? Il piacere? Una nota in appendice di Matteo Codignola definisce questo Simenon un fabbricante di istantanee.
In un secondo capitolo, decisamente divertente e sempre datato 1933, traccia uno spaccato dei Grandi Alberghi Europei. Un mondo di lusso frequentato da diplomatici, spie, truffatori, avventurieri, ereditiere, sgualdrine. L’imperativo categorico, ovunque nel mondo, è mantenere il buon nome, niente scandali, furti, assegni scoperti, niente decessi.
Negli alberghi di lusso praticamente non si muore nemmeno. ..se per disgrazia uno muore lo stesso dove non dovrebbe morire, la sua sarà una morte discreta, con immediato trasferimento, più discreto ancora, in un altro luogo.
In questa eterogenea raccolti di scritti di Simenon giornalista c’è anche la famosa intervista che lo scrittore belga fece a Lev Trockij mentre era in esilio sull’isola di Prinkipo
nel Mar di Marmara. Oggetto, l’esplosiva situazione europea e il rischio di una sottovalutazione del fascismo e del nazionalsocialismo.
Il nocciolo del libro è tuttavia la raccolta di corrispondenze che va sotto il nome di Popoli che hanno fame 
(1934). Sono i popoli dell’ex impero zarista, da tempo ormai sotto un altro regime. Scrive Simenon «Avete mai sofferto la fame? La fame vera, non quella che attanaglia chi resta due giorni senza mangiare, ma quella che si insedia in chi per settimane, per mesi mangia troppo poco e che gli rimane dentro, appiccicata al ventre come un cataplasma, incrostata nelle pareti dello stomaco e alla base del cranio». E poi si avventura in un viaggio nella miseria, tra i poveri dell’est Europa. Masse che non si ribellano, perché la fame rende apatici. Vilnius, Varsavia, Budapest, Romania, Bulgaria, poi in nave dal Pireo al Bosforo, Pera, il Mar Nero, Odessa. Qui Simenon si ferma a lungo. Viaggia con la moglie su una nave da carico italiana, Mussolini occhieggia ovunque. A terra è costantemente accompagnato da una guida turistica, in realtà un agente Ghepeù, che pretende di fargli vedere solo ciò che vuole il regime. Lo scrittore non crede a niente e a nessuno, vuole soltanto vedere con i propri occhi. Vuole documentare la miseria. Poi prosegue il viaggio a Sebastopoli, Yalta, Novorossijsk, Batum. Ovunque domina il regime del terrore. In Russia si può entrare ma non si può uscire. A un visto di entrata non corrisponde in automatico uno di uscita. Simenon e moglie sono costretti ad aspettare più giorni e a perdere possibili passaggi in nave. Ciò che racconta – immagini, episodi, aneddoti, personaggi, dialoghi – compone quasi un romanzo. Le fotografie inserite nel libro sono significative.
Non sono  un economista  un politico. Ho semplicemente cercato di fotografare alcuni aspetti dell’Europa di oggi che probabilmente prepara l’Europa di domani
 Al solito, occorre conoscere i fatti di ieri per capire l’oggi e il domani.  
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