Insopportabili, “Le sorelle Lacroix” di Georges Simenon

La verità è che voi, tu e tua sorella, avete bisogno di odio. Sono sicuro che da bambine giocavate a litigare come altre giocano a fare la spesa o con le bambole.
Non c’è nessuno come Simenon in grado di descrivere le dinamiche esplosive all’interno di una famiglia. Vista dall’esterno sembra una casa borghese abitata da persone perbene. In realtà, scrive Simenon in epigrafe, ogni famiglia ha i suoi scheletri nell’armadio. Le sorelle in questione sono Léopoldine e Mathilde Lacroix, figlie di un notaio che ha lasciato loro la grande casa e una infinità di terreni e immobili da cui ricavano la sussistenza per tutta la famiglia. Mathilde è sposata con un pittore e restauratore di poco conto, Emmanuel Vernes, che trascorre le giornate nel suo atelier al terzo piano dello stabile. All’epoca dei fatti narrati, moglie e marito non si parlano da diciassette anni, se non in presenza di estranei. Hanno due figli, Jacques, praticante da un notaio con la speranza di avere un giorno uno studio tutto suo, e la diciassettenne Geneviève che, forse per punire la famiglia, trascorre le giornate a letto pregando tutto il giorno in attesa di morire quando avrà diciott’anni.
“…Piena di grazia, il Signore è teco…piena di grazia, il Signore è teco…” è appunto l’incipit del romanzo. Completa il quadro la frastornata domestica Élise, sedicenne che arriva dalla campagna. A questo punto due parole su Poldine, la sorella maggiore. È lei che gestisce la casa e tutti gli affari di famiglia, tratta con gli affittuari, riscuote le pigioni. Anche lei ha avuto un marito, tanti anni prima, un matrimonio casuale e veloce forse per coprire una gravidanza indesiderata. L’uomo, già ammalato di tisi, è stato spedito in Svizzera a curarsi senza fare più ritorno a Bayeux nel Calvados, dove si svolge la vicenda. Poldine ha poi avuto la figlia, Sophie, ragazza viziata e personaggio marginale che compare verso la fine della narrazione. Come detto, una famiglia apparentemente normale.
Così come il contatto con un oggetto qualsiasi interrompe l’ebollizione del latte, la presenza di un qualunque estraneo bastava a ridare un volto banale al subbuglio interiore della casa.
Ma si intuisce fin da subito che qualcosa non va. Tutti si ritrovano insieme a pranzo e cena e anche se non corrono molte parole lo si vede dagli sguardi, dai sottintesi, dai toni delle voci. Le due sorelle non si amano, Emmanuel è mal sopportato da entrambe e ha un  rapporto decente solo con la figlia che continua a essere sottoposta a consulenze mediche da cui non risulta nulla ma che tacitano la coscienza di tutti. In ogni caso non lascia il letto e continua a pregare. Alla madre ripete “Mi domando cosa farete tu e zia Poldine, quando non ci sarò più..”.
Il clima nella casa è insopportabile, esce dalle pagine e mette a disagio il lettore. Per sapere cosa ha corrotto l’atmosfera familiare bisognerebbe fare un salto a diciassette anni prima. Il famoso scheletro nell’armadio. Nel tempo non è mai stato rimosso, anzi odio, falsità, rancori e sospetti hanno alimentato un’atmosfera tetra.
Non si riusciva più a capire chi era spiato, chi era sospettato di nascondere qualche cosa.
Pubblicato da Éditions Gallimard nel 1938 Les Sœurs Lacroix ha avuto una prima edizione italiana nel 1960 da Mondadori. Ora questa di Adelphi, 2022.

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