Gregorio Samsa, sveglindosi una mattina da sogni agitati, si trovò trasformato, nel suo letto, in un enorme insetto immondo. Incipit di La metamorfosi di Franz Kafka.
Un mattino Anders, un uomo bianco, si svegliò e scoprí di essere diventato di un innegabile marrone scuro. Incipit di L’ultimo uomo bianco di Mohsin Hamid. Pare indiscutibile la correlazione tra i due testi. Ma lo scrittore pakistano, autore nel 2007 del pregevole Il fondamentalista riluttante, poi diventato un film interessante (nel 2012 aveva aperto la Mostra del Cinema di Venezia), non si limita a Kafka. Lo svolgimento del libro lo avvicina anche a Cecità (1995) di Saramago. Si assiste infatti a una progressiva colorazione di tutti bianchi della città, così come la cecità si era estesa epidemicamente nel portentoso libro del portoghese. Protagonista della vicenda è Anders, di mestiere è personal trainer in una palestra. Quella mattina per prima cosa esplora accuratamente il proprio corpo, si rende conto che non è il suo, è una presenza ostile. Telefona al lavoro e si dà malato. Il secondo giorno comunica che resterà a casa l’intera settimana. Ma a casa mancano i viveri e deve necessariamente andare al supermercato. Lo fa calcandosi bene un berretto in testa. Si accorge che la gente lo guarda, se qualcuno lo riconosce si gira dall’altra parte, ma i più non lo riconoscono. Telefona a Oona, la sua giovane fidanzata, fa l’insegnante di yoga. Le spiega e lei si reca da lui, ma fatica a riconoscerlo. Si fumano una canna e poi fanno sesso.
Oona, con la sua pelle chiara, si guardava nel congiungersi con un estraneo dalla pelle scura, e Anders, l’estraneo, guardava la stessa cosa, e per loro fu un’esperienza forte, viscerale, che li toccò molto.
Però non sanno che la trasformazione del colore della pelle è in atto ovunque. In strada si vedono molte più persone di colore. Si interrogano l’un l’altro per scoprire se uno è nero originale oppure lo è diventato. Si creano bande, ci sono molti omicidi, razzie nei supermercati. Chi non regge l’essere diventato di colore, spesso si ammazza. Miliziani bianchi danno la caccia ai neri, senza distinzioni. Ma anche il contrario, perché i bianchi sono sempre meno e devono essere sterminati finchè l’ultimo bianco verrà sepolto e la bianchezza non sarà che un ricordo.
...un uomo bianco aveva sparato a un uomo dalla pelle scura, ma l’uomo dalla pelle scura e l’uomo bianco erano la stessa persona.
Anders e Oona hanno ripreso i rispettivi lavori, ma nulla è come prima. Oona ha ancora la madre, Anders il padre. Per la ragazza la madre è un rifugio sicuro, è stata tra gli ultimi in città a cambiare pelle. Anders invece ha avuto un rapporto difficile con il padre ma ora si è riavvicinato. Il vecchio è malato terminale e sarà anche l’ultimo uomo bianco rimasto.
A volte il padre guardava la persona scura seduta al suo capezzale e sapeva che era suo figlio, a volte invece guardava Anders e non sapeva chi fosse.
Anders e Oona hanno un legame sempre più forte, vanno ad abitare nella casa di famiglia di lui. Poi mettono al mondo una bambina, marrone naturalmente, a cui racconteranno un giorno come era stato essere bianchi.
Il libro di Hamid è un apologo sul nostro mondo inquieto e inquietante, dove i colori della pelle costituiscono sempre un problema. Nel mondo che descrive lo scrittore, la pace sociale viene raggiunta soltanto quando tutti sono uguali, ma con un prezzo pagato molto alto. La vicenda d’amore e di vita dei due ragazzi aiuta a guardare con serenità al futuro.
“L’ultimo uomo bianco” di Mohsin Hamid, romanzo distopico tra Kafka e Saramago
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