Ho visto “The Master”

Il miglior commento al film è stata la risata liberatoria con cui il (folto) pubblico, presente alla proiezione a cui ho assistito, ha accolto la conclusione. Comicità involontaria nel lavoro di Paul Thomas Anderson? Forse no, ma le facce degli spettatori che si affrettavano all’uscita erano distese se non addirittura divertite, segno che la drammaticità della vicenda non ha lasciato traccia.
Freddie Quell è un ex-marinaio uscito molto disturbato dall’esperienza del secondo conflitto mondiale. Alcolizzato, ossessionato dal sesso, fiaccato nel fisico ma soprattutto con turbe psichiche che ne fanno un soggetto facilmente condizionabile. E’ il 1950 e Freddie cade nella mani di Lancaster Dodd, istrionico individuo fondatore di una setta para-religiosa, convinto assertore di metodi di introspezione in grado di risolvere un largo spettro di malattie. Freddie ne diviene succube e seguace, paziente e adepto, e segue fedelmente il guru in giro per gli Stati Uniti, insieme alla corte dei miracoli formata dalla moglie di Dodd, dai due figli e dal genero, perorando “la Causa”.
Liberamente ispirato a Scientology, al fondatore Ron Hubbard e al suo primo libro “Dianetics”, “The Master” vanta un elenco esagerato di premi e nomination che la dice lunga sullo stato attuale della produzione cinematografica statunitense. Mi sforzo di distinguere l’aspetto cinematografico dalla sgradevolezza della storia narrata, ma a mio giudizio resta un film noioso e eccessivamente lungo (137′). Nulla da eccepire tuttavia sulla bravura degli interpreti: bravissimo Philip Seymour Hoffman (Dodd), addirittura eccezionale Joaquin Phoenix (Freddie). Sono perfetti le ambientazioni e i costumi dell’America anni Cinquanta, ma ci mancherebbe: questo Hollywood lo sa fare molto bene! Particolarmente raffinata è la scelta dei brani per ricreare l’atmosfera dell’epoca. Si va da Get Thee Behind Me Satan (Ella Fitzgerald) a Don’t Sit Under the Apple Tree (With Anyone Else but Me) (Madisen Beaty), dal mambo Sweet Sue, Just You (Noro Morales) a Perfume Suite – Dancers in Love (Duke Ellington), dalla chopiniana No Other Love (Jo Stafford) alla bellissima Changing Partners (Helen Forrest), di cui esiste una suggestiva versione di Elvis Costello, in “Secret, Profane & Sugarcane” (2009).

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