Ho letto “Confessioni di un sicario dell’economia” di John Perkins

Questa storia deve essere raccontata. Viviamo tempi di crisi terribile, e di straordinaria opportunità. La mia storia di sicario dell’economia è la storia del modo in cui siamo arrivati fin qui.
Non sono così ingenuo da non sapere che molte delle malefatte in giro per il mondo sono da attribuire agli Stati Uniti e alla loro economia. Una vaga idea l’ho sempre avuta, di una grande democrazia che promette la vita, la libertà e il perseguimento della felicità a tutti i popoli di ogni luogo, ma che talvolta deraglia e che dopo ogni deragliamento, se tutto va bene, si lava la coscienza facendoci sopra un bel film. Sono comunque rimasto scosso da questo libro in cui tutto è spiegato nei minimi dettagli, con l’appoggio di note e rimandi che suffragano quanto è raccontato. Ma chi è un sicario dell’economia?Una persona che incoraggia i leader mondiali a divenire parte di una vasta rete che favorisce gli interessi commerciali degli Stati Uniti. Alla fine, questi leader restano intrappolati in un mare di debiti che ne garantisce la fedeltà.
Non ho motivo di dubitare della veridicità delle “confessioni” di John Perkins, per vent’anni economista presso una società di consulenza a capo di progetti in Asia, America Latina e Medio Oriente. Studi di econometria che gli fanno capire presto che le statistiche sono manipolabili in modo da produrre una grande varietà di conclusioni, comprese quelle a sostegno delle preferenze dell’analista. Proprio su questo concetto si basa l’attività del sicario: far vedere al Paese committente possibilità di crescita economica ben oltre il reale, in modo che possano ottenere in prestito dagli Stati Uniti enormi quantità di denaro che non potranno mai essere restituite.
Il fatto che il peso del debito di cui il paese si faceva carico avrebbe privato i suoi cittadini più poveri della sanità, dell’istruzione e di altri servizi sociali per i decenni a venire non era preso in considerazione.
Neanche Perkins riesce a venirne fuori, nonostante ripetute crisi di coscienza. Opera in Ecuador, Indonesia, Arabia Saudita, Colombia, Venezuela, Panama dove si perpetrano i peggiori misfatti, compresa l’uccisione (ad opera della CIA?) del presidente Torrijos nel 1981 che segue di due mesi quella del presidente dell’Ecuador Roldòs in circostanze identiche: l’esplosione di un aereo. C’è davvero di che rabbrividire a leggere queste storie.
Mi si chiedeva di applicare tutta la creatività possibile per giustificare l’immissione di centinaia di milioni di dollari nell’economia saudita, a condizione che coinvolgessero società edili e d’ingegneria statunitensi.
Per indignarsi ancora un po’, ma non stupirsi, è sufficiente mettere accanto alle date i nomi dei presidenti degli Stati Uniti, le attività in cui erano coinvolti i loro congiunti, i segretari di stato. La narrazione prosegue fino all’apparizione di Bin Laden, supportato dagli USA per contrastare l’invasione sovietica in Afghanistan. Cose risapute, ma che lette in questa sequenza fanno molta impressione.
Anche la vostra stampa è controllata dal petrolio. Perciò i giornalisti sentono quello che vogliono sentire e scrivono ciò che gli inserzionisti vogliono leggere.
Così i debitori inadempienti diventano i principali alleati degli Stati Uniti e dove non bastano la politica e l’economia ci sono i complotti militari per sistemare tutto. Se bombardi una città e la ricostruisci, i dati mostrano un enorme picco della crescita economica.
John Perkins alle soglie degli anni Novanta abbandona il lavoro di sicario dell’economia, rigetta i principi della globalizzazione, sposa le cause dei diritti delle popolazioni che anche lui aveva contribuito a sfruttare e scrive questo libro che ha una lunga e dolorosa gestazione. Intraprende infine l’attività di conferenziere. Perkins è nato nel 1945, questo libro è uscito nel 2004 in originale e nel 2005 in Italia da minimum fax, ora ripubblicato da Beat edizioni. Lo consiglio a chi vuole capire un po’ di più come va il mondo.
C’è qualcuno davvero innocente negli Stati Uniti?

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