Ho visto “Court” di Chaitanya Tamhane (Venezia 71)

Bel film di un giovane cineasta indiano sul sistema giudiziario del suo Paese e più in generale sullo scontro tuttora in atto tra modernità e conservazione delle tradizioni più arcaiche. Court entra nell’aula del tribunale per seguire le udienze del processo a un intellettuale di 65 anni, compositore e cantante folk, velatamente sospettato di terrorismo ma nel caso specifico accusato di aver istigato al suicidio, attraverso una sua canzone, un operaio addetto alla pulizia delle fogne. Pubblico ministero è una bella signora, madre di famiglia, che in questo caso rappresenta l’aspetto conservatore dello stato indiano. Avvocato difensore è un giovane, generoso e progressista, che fa di tutto per smontare la tesi dell’accusa. Entrambi sono ripresi nella loro vita privata, alternativamente, nelle pause del processo i cui tempi si dilatano anche per motivi banali e sembra non finire mai. In questo senso, quella indiana è una giustizia assai simile alla nostra. La donna pm, con aspirazioni di carriera, vive con il marito e due bambini e ci viene descritta come la parte forte della famiglia. Il giovane avvocato abita con i genitori che esercitano o vorrebbero esercitare su di lui una influenza ancora pesante. Le udienze si susseguono per ascoltare vari testimoni, mentre al vecchio folk-singer  viene sempre negata la libertà provvisionale. Sembra essere decisiva a suo favore l’udienza in cui viene sentita la vedova dell’operaio morto nel cunicolo della fogna: non aveva nessun sistema di protezione e si ubriacava per sopportare l’odore. Finalmente l’imputato ottiene la libertà su cauzione ma viene arrestato subito dopo per la stampa di un opuscolo non autorizzato. Questa volta resta in carcere, nonostante sia malato, perché è l’ultima udienza e il tribunale chiude per ferie. Il film termina con le immagini del giudice che ha presieduto tutte le udienze mentre parte per un resort: dai suoi discorsi e dai suoi comportamenti in vacanza capiamo che la giustizia in India deve fare ancora molta strada. (Nessun riferimento alla vicenda dei nostri marò).
Chaitanya Tamhane, classe 1987,  è l’autore di questo bel film, molto rigoroso, ben fotografato, ambientato a Mumbai. Forse tra le cose migliori viste nella sezione Orizzonti della 71^ Mostra del Cinema di Venezia.

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