Ho visto “Free in Deed” di Jack Mahaffy (USA) – Biennale di Venezia 2015, Orizzonti 72

Concludo la mia carrellata di film dalla Mostra del Cinema di Venezia con un film tristissimo. Nella Memphis capitale del blues e del gospel, patria dei vari B.B. King, Johnny Cash, Aretha Franklin, John Lee Hooker, Jerry Lee Lewis, Muddy Waters, Tina Turner, Roy Orbison, Sam Cooke, Otis Redding e qui mi fermo, sopravvivono ancora oggi chiese spurie in cui fantomatici pastori pentecostali tentano – e ne sono anche convinti – di risolvere le malattie semplicemente ponendo le mani sul malato. E’ un’assurdità nell’America di oggi, eppure è così. Free in Deed trae lo spunto da un fatto realmente accaduto dodici anni fa quando una madre single portò in una di queste chiese, ricavate in negozi dismessi o scantinati, il figlio affetto da autismo.
Nel film il pastore cerca di curarlo con le grida, le invocazioni, i canti, l’imposizione delle mani sulla testa, davanti ai ‘fedeli’ raccolti in preghiera. Scene pietose che si ripetono per giorni e giorni, con il bambino che continua a peggiorare e ha crisi sempre più frequenti. Le intenzioni del pastore sono davvero sincere, ma le sue armi di guaritore sono pochissima cosa, forse avrebbe lui stesso bisogno di un esorcista a giudicare da come diventa, seduta dopo seduta, sempre più invasato. La sanità dov’è? Per la medicina l’unica soluzione è il ricovero del bambino in un istituto, soluzione a cui la madre si oppone affidandolo piuttosto alla chiesa per una guarigione religiosa. Le autorità dove sono? Qualcuno vigila su queste sette? La giustizia si fa viva solo a cose fatte, quando il pastore è interrogato e quindi tratto in arresto dopo aver soffocato il bambino sotto il suo peso nell’ultimo, fatale esorcismo. La vicenda è avvilente, per Memphis, per gli Stati Uniti, per l’umanità.
Il regista Mahaffy descrive e denuncia senza giudicare. Gli attori sono convincenti: David Harewood è Abe, il pastore; Edwina Findley è Melva, la mamma del piccolo Benny. Il film è stato realizzato a basso costo, aiutato da una campagna di crowdfunding attraverso la piattaforma Indiegogo.

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