Ho letto “La scala di ferro” di Georges Simenon

Erano stati due cuori solitari che, ansiosi di rendere sempre più profonda la loro solitudine, avevano ridotto l’universo al loro appartamento, alla loro camera, al loro letto, dove lottavano disperatamente contro l’impossibilità di fondersi l’uno nell’altro più di quanto sia concesso a un maschio e alla sua femmina.
L’ho terminato curiosamente proprio il giorno di San Valentino che dovrebbe evocare ben altri rapporti di coppia. E questo la dice lunga sulle circostanze e le coincidenze che regolano le nostre scelte di lettura.
Étienne e Louise sono una coppia sposata da quindici anni. Senza figli. Lei è proprietaria di una cartotecnica per la quale lui fa il rappresentante. Vivono nell’appartamento sopra il negozio, collegato da una scala di ferro.
Non solo la scala di ferro collegava la camera al negozio, ma un tubo acustico permetteva di comunicare dalla cassa con la cucina. Scala e tubo risalivano all’epoca del padre di Louise.
Insomma, è il classico esempio di ‘casa e bottega’. Attraverso quell’apertura dall’alloggio si sentono i ritmi e le voci provenienti dalla ‘imprimerie-papeterie’. Louise ha un piglio manageriale, ha qualche anno più di Étienne, un uomo un po’ sottomesso, con il quale aveva iniziato una relazione quando ancora era sposata con il primo marito, Guillaume, poi morto di una malattia debilitante nel giro di soli tre mesi.
Il negozio, le merci, i mobili, tutto ciò che gli stava attorno apparteneva a Louise e, a quarant’anni, lui non possedeva niente di suo, neanche, a guardar le cose freddamente, le poche banconote da cento franchi che aveva nel portafoglio.
Da qualche tempo Étienne soffre di crisi inspiegabili che lo costringono a letto. Neppure i medici le capiscono. L’ultimo interpellato gli ha suggerito di tenere un diario in cui annotare tutti gli eventi quotidiani, anche i più insignificanti, per trovare un nesso tra i suoi comportamenti e il ripetersi delle crisi. Louise è affettuosa e lo cura con premura. Ogni tanto si affaccia sulla scala di ferro per chiedergli come sta o per preparargli cibi o medicine. Anche durante questi periodi l’armonia sessuale tra i due è intensa e perfetta.
Simenon ci accompagna dentro l’intimità tra questi due personaggi. Ma presto ci accorgiamo che è una intimità malata: A un tratto il letto lo terrorizzava, e anche la camera. Di fatto la camera diviene una prigione per Étienne. Ma quanto è volontaria? In fondo basta solo avere il coraggio di affrontare quella maledetta scala a chiocciola. E dopo la scala di ferro c’è la libertà o c’è l’abisso?
Lui aveva deciso di vivere. Non voleva tornare su quella decisione. E aveva anche deciso di non perdere Louise.
Scritto nel 1953 durante la permanenza di Simenon negli Stati Uniti. Naturalmente una storia così intrigante non poteva non interessare lo schermo, così L’escalier de fer recentemente (2013) è diventato un tv-movie realizzato da Denis Malleval, un regista specializzato nelle riduzioni televisive dei lavori di Simenon.

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