Ho visto “Perfetti sconosciuti” di Paolo Genovese

Metti, una sera a cena… sette amici, tre coppie e uno spaiato, nell’era degli smartphone, di WhatsApp, T9, sms e via discorrendo. Amici che in alcuni casi sono cresciuti insieme, hanno visto formarsi le famiglie, nascere i figli. Un gruppo eterogeneo per collocazione sociale, dal chirurgo plastico al tassista, dalla psicanalista all’insegnante. I maschi sono legati dalla settimanale partita a calcetto, tutti dalla cena periodica a casa degli uni o degli altri. E poi c’è la fitta rete del gossip che li collega e li imbriglia come in una ragnatela. Tutto questo ha la sua sublimazione quando sono attovagliati per una cena. Allora iniziano le punzecchiature, dapprima bonarie e divertenti, poi emergono i contrasti, si scoprono gli altarini, esplodono i conflitti. In questo caso complice il telefonino. Perché qualcuno propone di posarli tutti al centro del tavolo, avviando un giochino pericoloso, che è quello di rispondere alle eventuali chiamate solo con il viva voce e di rendere visibili tutti i messaggi in arrivo. Per fare gli splendidi e per mettere un po’ di pepe ad una serata noiosa, tutti accettano la proposta, ben sapendo ognuno di avere chi i propri piccoli e innocenti segreti, chi una coscienza veramente lurida. Ecco il lato improbabile della vicenda. Sfido chiunque ad accettare una cosa del genere. Avendo a disposizione qualche penna brillante (in cinque hanno sceneggiato il film: Paolo Genovese,  Filippo Bologna, Paolo Costella, Paola Mammini, Rolando Ravello) si possono ottenere dialoghi spumeggianti (in alcuni frangenti esilaranti). E allora ecco una serie di schegge tanto più divertenti (qualche grassa risata mi è scappata) quanto più il gioco si fa grossolano e incattivito: le cornificazioni reciproche emergono, gli equilibri saltano, le amicizie si rompono, le coppie scoppiano. Scoprire al termine che si è trattato solo di un’ipotesi, che nessuno del gruppo ha accettato il gioco e ciascuno si è tenuto i suoi segreti lascia un po’ delusi. Emblematico è il comportamento di Lele (Valerio Mastandrea) che nella prima e nell’ultima scena del film è seduto sul water e lancia i suoi sms di nascosto, mentre la moglie Carlotta (Anna Foglietta) si leva le mutande prima di uscire e le rimette appena tornata a casa. Tutto torna come prima, anzi tutto resta come prima. Non è accaduto proprio nulla.
Il film con un gruppo di persone attorno a un tavolo per una cena (famiglie o amici) è quanto di più banale, scontato e già visto ci sia al cinema. Perfetti sconosciuti è l’ennesima versione e non fa eccezione. Di solito rifuggo perché so già che cosa mi attende, anche se Paolo Genovese cerca di aggiornare la gloriosa satira di costume all’italiana. Questa volta ho ceduto alle pressioni di amici che mi consigliavano la visione. Se non altro ho aggiornato la mia conoscenza degli attori italiani: mi mancavano Foglietta, Edoardo Leo (Cosimo), Marco Giallini (Rocco e prossimo Rocco Schiavone, il vicequestore della serie televisiva tratta dai polizieschi di Antonio Manzini). E poi Alba Rohrwacher (Bianca), Kasia Smutniak (Eva), Giuseppe Battiston (Peppe). Valerio Mastandrea mi fa sempre ridere ma è anche il più convincente sul piano drammatico quando Lele deve reggere la menzogna che lui stesso ha architettato e che finisce per danneggiarlo.

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