Noterelle siciliane 2 – Il mio ‘turismo delle origini’

In questa estate anch’io ho praticato il ‘turismo delle origini’. Che cos’è? E’ ciò che, consapevolmente, fanno tutti coloro che vanno in vacanza nelle terre dei loro avi dopo esserne stati lontani da sempre o per lunghissimo tempo, molto spesso alla ricerca delle proprie radici. E’ il turismo generato dai migranti e dai loro discendenti. In genere è un’esperienza ricca di alto contenuto emotivo vedere per la prima volta i luoghi da cui sono partiti i tuoi avi, fossero anche di sole due generazioni prima di te. Dal punto di vista economico il ‘turismo delle origini’ è diventato una nicchia interessante. Il Bel Paese può attingere da un bacino di 80 milioni di persone di origine italiana sparse per il mondo, discendenti da quei circa 30 milioni di connazionali che sono emigrati in diversi periodi storici tra la seconda metà dell’800 e gli anni ’70 del ‘900. Un ritorno ‘a casa’ tanto più appariscente se a praticarlo sono i cosiddetti vips: Stefani Joanne Angelina Germanotta Lady Gaga che va alla ricerca delle sue radici a Naso in provincia di Messina, Louise Veronica Ciccone Madonna a Pacentro (L’Aquila), Bill de Blasio le cui radici si diramano tra Sant’Agata dei Goti (Benevento) e Grassano (Matera). Ma si potrebbe continuare all’infinito. In questi casi il ‘turismo delle origini’ porta denaro e luce e visibilità laddove ce n’è poca.
Questo lungo preambolo per dire che lo scorso giugno sono andato alla ricerca delle mie radici in Sicilia, per quel cinquanta per cento di sangue siculo che scorre nelle mie vene (per l’altra metà è lombardo, generosa mescolanza che ha fatto di me quel che sono). Niente di particolare. Nessuna ricerca di parentele né improbabili risalite per li rami dell’albero genealogico materno. Volevo solo vedere il paese da cui sono partiti i genitori di mia nonna Vita nell’800 per andare in cerca di fortuna in Tunisia e i luoghi da cui mio nonno Salvatore (Totò, Tore, Tali, da occhiali secondo alcuni nipoti) se n’era andato a inizio ‘900 per identici motivi.
Appena sbarcato a Palermo sono andato a Sferracavallo, frazione a nordovest del capoluogo, zona Isola delle Femmine. Un ridente borgo di pescatori si direbbe oggi, ma a quell’epoca non doveva far sorridere molto i genitori di mia nonna. Non c’è nulla per cui valga la pena di una deviazione direbbero le guide turistiche e infatti non se ne trova traccia. Luogo famoso se mai per i ristoranti di pesce e per quell’altra ‘cosa’ per la quale è tristemente famosa tutta la Sicilia. Ma l’emozione di trovarmi al cospetto di quel mare e di aggirarmi tra quelle case è stata davvero forte.

Qualche giorno dopo mi sono spostato al sud, proprio nel momento in cui i roghi stavano arrostendo tutta la zona attorno al mio residence di Cefalù. Ma di questo parlerò prossimamente. Il mio lungo peregrinare tra Enna, Ragusa, Piazza Armerina, Punta Secca, Vittoria aveva come momento finale una tappa a Campobello di Licata. Un paesone oggi di 10 mila abitanti, con una storia che parte dal 1600 e un’economia un tempo basata sulle miniere di zolfo (ci ha lavorato anche mio nonno da bambino, per dire…). Oggi mi ha fatto piacere scoprire che è terra di aziende agricole moderne e di vini stupendi. Cito il Baglio del Cristo di Campobello e l’Azienda agricola G. Milazzo, di cui ho bevuto uno splendido Rosè di Rosa (sì, d’estate mi viene da bere rosè, possibilmente mosso, chissà perché…). Era un orario non compatibile con la visita alle cantine, per cui mi sono accontentato di una bottiglia in un onesto pub sulla piazza principale di Campobello. D’ora in poi starò sicuramente più attento ai vini di quel territorio. Sono arrivato a Campobello attraverso paesaggi aspri e selvaggi, da Mazzarino per Riesi e Ravanusa, chilometri e chilometri senza incontrare una sola auto sotto il solleone di giugno, cercando di immaginare mio nonno bambino in quel paesaggio, magari addormentato sotto un albero o intento a sgranocchiare una mela. Pensavo di trovare una cittadina insignificante, invece Campobello di Licata ha un suo fascino: colorati murales, tra cui il Murales dei 100 bambini che ricopre una delle scuole materne del paese, e monumenti moderni, che denotano una discreta accuratezza e attenzione all’arredo urbano, si alternano a chiese e palazzi storici.

Share this nice post:
Questa voce è stata pubblicata in Mare, Viaggi. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*