Ho visto la mostra “The Many Lives of Erik Kessels”

La retrospettiva di Erik Kessels che Camera – Centro Italiano per la Fotografia presenta fino al 30 luglio è davvero curiosa e rivaluta la bulimia fotografica di tante persone sparse nel mondo che hanno saputo dare una ripetitività quasi ossessiva ai loro scatti. Kessels è un fotografo cinquantenne olandese ma è qui non in quanto tale – o meglio non solo, poiché alcune foto sono sue – ma perché è una sorta di antropologo, come dice il titolo della mostra uno che si è impossessato delle vite degli altri attraverso le loro fotografie. Ogni capitolo della mostra, mi pare che siano una trentina, propone un’idea originale, talvolta mooolto originale (che qualcun’altro ha avuto).
Faccio un esempio. Oolong è un coniglio domestico che ha la caratteristica di avere la testa un po’ piatta e che quindi si presta a posarvi degli oggetti. Il proprietario, il giapponese  Hironori Akutagawa, lo ha immortalato – Oolong è imperturbabile – in decine di pose con un oggetto diverso posato sulla testa: una mela, un piatto, un rotolo di carta igienica.
Una famiglia per anni ha fotografato il proprio cane nero, ma sfortunatamente avendo una fotocamera di poco valore ha sempre e solo ripreso una silhouette scura per decine di scatti. Non si riesce mai a vedergli gli occhi o almeno il contorno del muso.
Valery invece è una donna che per tutta la vita si è fatta fotografare vestita di tutto punto, accessori compresi, immersa in una piscina, in una vasca, comunque sempre in acqua.
Un’altra serie racconta la vita di una donna ripresa dal marito nell’arco di trent’anni. La posa è sempre la stessa, quelle triste e banali fotografie che facciamo tutti in vacanza, soggetto intero e campo lungo. Cambia lo sfondo: mare, montagna, città, campagna, ancora mare. Ma è la storia che conta. La donna invecchia progressivamente, muta l’abbigliameno e la pettinatura e già solo da questo si può tentare di indovinare l’epoca in cui sono scattate.
Molto originale è una storia analoga – la vita di una donna dall’adolescenza alla terza età – raccontata da quegli scatti che nascono dall’aver fatto centro nei tiro a segno dei lunapark. Il proiettile colpisce il bersaglio e attiva l’otturatore della macchina fotografica e regala un foto-ritratto al cecchino. Meglio che portarsi a casa un’infinità di peluche. Che mira Ria van Dijk, olandese pure lei! Ha cominciato a sparare a sedici anni nel 1936 e l’ultima foto la ritrae novantenne.
Di suo Kessels batte i mercatini alla ricerca di serie fotografiche come queste e di raccolte di album di famiglia. Per la fotografia i mercati delle pulci sono una miniera imprevedibile e pressoché inesauribile. Si pensi alla scoperta di tesori come quelli di Vivian Maier, straordinaria fotografa celebrata postuma grazie al ritrovamento dei suoi scatti da parte di John Maloof, un appassionato di fotografia e frequentatore di mercatini e di aste dell’usato.
Ma Erik Kessels setaccia anche il web e si impossessa di fotografie, accumula, seleziona, s’inventa letture trasversali del materiale. My Feet è una grande installazione composta da migliaia di immagini di piedi, il cui paradigma è “mi fotografo i piedi e li posto su facebook”. Bisogna avere grande curiosità e una buona dose d’ironia per fare un lavoro del genere!
Un’ultima stanza e una parte del corridoio sono invase da una montagna di fotografie formato cartolina: un accumulo disordinato e dissacrante di quelle che sono state le vite di tante persone. Una mostra da non perdere e un’oretta ben spesa.

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