Ho visto “Dove non ho mai abitato” di Paolo Franchi

Francesca è figlia di Manfredi, un noto architetto torinese, ma si è francesizzata sposando Benoît , un facoltoso parigino. Torna in Italia alle soglie dei cinquant’anni per fare visita al padre che in quel frangente la invita a riprendere la professione (è architetto pure lei). A Torino fa la conoscenza con Massimo, un tempo ragazzo di bottega del celebre architetto e ora destinato a prendere le redini dello studio. Naturalmente tra Francesca, assillata da un padre invadente e da un marito possessivo, e Massimo, che dapprima si sono evitati, scoppia la classica scintilla, complice un lavoro che devono fare insieme, la ristrutturazione di una villa alle porte di Torino, di proprietà di una ricca coppia di giovani. Il film scorre tra le schermaglie padre e figlia, Francesca e il marito, Francesca e Massimo. Va da sé che Massimo abbia anche una amica-compagna che per ovvi motivi inizia a trascurare. Intanto passano le settimane, il vecchio architetto muore e lascia lo studio alla figlia, il lavoro alla villa è terminato, tra Massimo e Francesca quel che è stato è stato, Benoît arriva a Torino per portare la moglie a Parigi.
La domanda che assilla lo spettatore dal momento in cui la trama è risultata prevedibile, cioè da quasi subito, è: tornerà Francesca a riprendere la sua annoiata ma scintillante vita parigina con il marito (hanno anche una figlia, fatto non trascurabile) oppure resterà a Torino per vivere la sua storia d’amore con Massimo e lavorare nello studio che era del padre?
Sono passati diversi giorni dall’anteprima al cinema Ambrosio a cui ho assistito e a scriverne provo lo stesso imbarazzo di quella sera. Lo so, sono prevenuto nei confronti del cinema italiano, ma qui si tratta di Torino, la mia città, e allora provo a essere positivo. Promuovo la fotografia di Fabio Cianchetti che si sforza di non cadere negli stereotipi turistici da Film Commission, salvo le volenterose interpretazioni di Fabrizio Gifuni (Massimo), Giulio Brogi (Manfredi) e soprattutto Emmanuelle Devos (Violette, La moglie del cuoco, Fai bei sogni), le musiche di Pino Donaggio. Ci sono anche Naike Rivelli e Valentina Cervi, mentre si riconoscono un paio di caratteristi torinesi come Anna Cuculo e Oliviero Corbetta. Taccio invece su soggetto, sceneggiatura e film nel suo complesso che ho trovato noioso e, come ho detto, prevedibile.
Poi trovo irritante il “product placement” così esibito. Altec c’entra come i cavoli a merenda nella storia, però ci ha messo dei soldi, per Gavi La Scolca sarebbe stata sufficiente l’inquadratura della bottiglia. In questo film siamo arrivati addirittura a un “architect placement” e chi ha visto il film sa a cosa mi riferisco.

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