Ho letto “Tutto potrebbe andare molto peggio” di Richard Ford

Io sono contento di stare qui a Haddam, a sessantotto anni, a godermi la Prossima Età della vita, presumibilmente l’ultima: come dato statistico della classe che non ha carte sulla scrivania ed è libera di fare tutto il bene del mondo, se dovesse scegliere di farlo.
Dopo tre romanzi che hanno seguito tutta la vita di Frank Bascombe (Sportswriter, Il giorno dell’indipendenza, Lo stato delle cose, pubblicati uno ogni decennio) Richard Ford ne mette ora in scena la vecchiaia. Frank Bascombe, è il classico “uomo qualunque” americano, vive in Connecticut e ha fatto una bella vita, migliore della media dei compatrioti, dapprima come giornalista sportivo, poi comprando e vendendo immobili, due matrimoni, due figli grandi che vivono lontani e con cui non ha un grande rapporto. Per dire, ha comprato online tutta l’opera di Aaron Copland e l’ascolta continuamente in auto (soprattutto la Fanfara per l’uomo comune, che evidentemente considera una sorta di colonna sonora dell’America del XX secolo).
Seppure ritirato a vita privata, Frank sente ancora la responsabilità verso gli esseri umani a cui ha venduto delle case. E così nella prima parte del libro lo vediamo andare a consolare un vecchio amico a cui aveva venduto la casa sull’oceano dove lui stesso si era trasferito con la seconda moglie, prima di tornare a Haddam. L’uragano Sandy si è abbattuto sulla costa del New Jersey distruggendo tutta la stazione balneare, radendo al suolo la casa in questione. Frank ascolta le rimostranze dell’amico. Tornare in quei luoghi è come fare un salto nel passato. Tuttavia non ama gli incontri inaspettati con conoscenti, commilitoni, ex-insegnanti, anzi fa di tutto per evitarli. Siamo, per la maggior parte, le ultime persone con cui uno sano di mente vorrebbe parlare in qualunque occasione, Natale compreso.
La vita, secondo Frank Bascombe (e io personalmente trovo difficile non essere d’accordo)
è materia di sottrazione graduale, che punta a un’essenza più solida, più-quasi-perfetta…
Distingue una fase dell’accumulo che dura fino ad una certa età. Quando diventi vecchio, come me, vivi comunque nelle accumulazioni della vita. Non che succedano grandi cose, a parte sul fronte della medicina. Meglio semplificare tutto.
L’atteggiamento verso la vita di Frank Bascombe ovviamente non muta nella seconda parte del libro (emblematico il titolo originale del romanzo di Ford, Let Me Be Frank With You): Molto di ciò che leggo e vedo ancora alla tv sembra avere lo scopo, devo dire, di aiutarmi a lasciare il palcoscenico dell’umanità nel modo meno doloroso e più celere possibile, facendo sì che l’ignoto non diventi una causa di fastidio così grande. E su questo punto, guardandomi attorno potrei essere sostanzialmente d’accordo con Frank. Qui, il nostro amico, riceve a casa la visita inaspettata di una signora di colore, vestita in maniera piuttosto elegante. E’ inverno, fuori nevica, Frank è momentaneamente solo. Memore della sua attività di immobiliarista, seppur infastidito, si mostra cortese e lascia entrare la donna in casa. Questa vuole soltanto rivedere il luogo dove ha abitato fino all’adolescenza, fino a prima che un doloroso fatto di sangue avvenuto proprio in quelle stanze le rovinasse l’esistenza. La terza e la quarta parte del libro riguardano l’incontro di Frank con la prima moglie da cui è divorziato da trent’anni e che vive in un lussuoso residence (dall’immaginifico nome Carnage Hill) per malati cronici (lei ha il Parkinson) e la visita a casa di un conoscente malato terminale di cancro.
Richard Ford ci mette eleganza e humour, tocca tutti gli stereotipi della salute e i luoghi comuni del mondo di oggi: Obama e il suo welfare, la stupidità di Mitt Romney, lo stress, l’Alzheimer, il Viagra, la prostata, i badanti asiatici che sono meglio dei negri, le assicurazioni…
Lo considero uno dei libri fondamentali tra quelli che ho letto negli ultimi anni. Il caro amico che me lo ha regalato durante una bellissima vacanza, forse perché stimolato dal titolo, non sa che gran regalo mi ha fatto. Lui cita sempre Il tempo prezioso delle persone mature del poeta brasiliano Mario de Andrade e il personaggio di Frank Bascombe ne fornisce la didascalica e concreta interpretazione: Vivere la vita, specie dopo che si è raggiunta l’età adulta, è questione di togliere il superfluo per avere sempre meno. Ma è un meno (a mio parere) che vale tutto ciò che è successo prima; ed è molto più facile. Frank inizia a disfarsi degli amici: Poiché il tempo investito determina la qualità di un’amicizia, avere più di cinque amici genuini è impossibile. Così limita il quaranta per cento del suo tempo a cinque persone, mentre il sessanta lo lascia agli imprevisti che a questa età inevitabilemente arrivano a occupare il tempo che resta.
Perché sono diventato un incidente ambulante in attesa di verificarsi?

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