Ho visto “My War Is Not Over” di Bruno Bigoni – 35° TFF, Festa Mobile

Molto spesso i documentari sono necessari. Come questo di Bruno Bigoni che ci ha fatto conoscere la storia di un signore di 95 anni, Harry Shindler, un cognome quasi identico a Oskar Schindler, quello della famosa Lista, che durante la seconda guerra mondiale salvò 1.100 ebrei dallo sterminio nazista. Su un altro piano, ma altrettanto meritevole di essere portata alla luce, è la vicenda di questo Shindler, soldato inglese poco più che ventenne nel 1944 sbarcato ad Anzio per liberare l’Italia. Nel nostro Paese c’è rimasto: ha sposato un’italiana, vive a San Benedetto del Tronto e per il resto della sua vita si è occupato di ricerche di soldati scomparsi, di rintracciare relitti, di dare un nome a tombe di combattenti sconosciuti. Oggi conserva una grande energia e trascorre le sue giornate di veterano facendo luce su casi e vicende irrisolte dell’avanzata alleata in Italia. Perché, come recita il titolo del doc, per un soldato morto e per i suoi parenti “la guerra non è mai finita” fino a quando le sue spoglie non sono state rintracciate o quanto meno non si sappia dove si è chiusa la sua vita terrena. E’ il caso di Roger Waters, il mitico bassista e compositore dei Pink Floyd, che per tutta la vita ha inseguito la memoria del padre scomparso nel 1944 in Italia quando lui aveva solo un anno. Caso risolto, soltanto il più noto ai media, da Shindler. Non ad Anzio, non a Cassino, ma nelle paludi di Aprilia era morto il sottotenente inglese Eric Fletcher Waters. Il “cacciatore di memoria” neanche sapeva chi fosse Roger Waters ma si era preso a cuore la sua ricerca come centinaia di altre nel corso degli anni.
Gabor Adler alias John Williams e Bob Millar sono altri casi raccontati nel documentario, tutti ripresi dal libro My War Is Not Over (2016) che Harry Shindler ha scritto con il giornalista Marco Patucchi, pubblicato in Italia da Dalai Editore con il titolo La mia guerra non è finita. Storia del soldato inglese che dà pace.
Come ho già scritto, il film di Bruno Bigoni, che fra l’altro utilizza imperdibili immagini d’epoca provenienti dall’archivio British Pathé, è stato un lavoro necessario. Chiudo con una frase che spiega Harry Shindler: “È come se la mia guerra non fosse mai finita. Non lo sarà mai finché continueranno a chiedermi di colmare quei vuoti. E non lo faccio per sentirmi dire grazie, ma perché è un dovere salvaguardare la memoria di uomini e fatti che hanno attraversato anni così importanti per la storia di tutti”.

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